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IL NUOVO COMANDO FORZE SPECIALI DELL’ESERCITO
di Gianandrea Gaiani
L’Esercito sta costituendo un nuovo comando forze
speciali a livello brigata, affidato a un generale dei paracadutisti e
incursore, che raggrupperà gli incursori del 9° reggimento Col Moschin, i
ranger del 4° reggimento alpini paracadutisti Monte Cervino, il 185°
reggimento acquisizione obiettivi, gli elicotteristi del REOS (Reparto
elicotteri per operazioni speciali) e il 28° reggimento Pavia per le
operazioni psicologiche. Quest’ultima unità è attualmente alle dipendenze
del Comando Artiglieria, gli altri reparti dipendono ora dal Comando truppe
alpine e dalla brigata Folgore ma rispondono al Comando Interforze per le
Operazioni delle Forze Speciali (COFS), struttura interforze che gestisce
l’impiego anche dei reparti speciali di Marina, Carabinieri e Aeronautica.
Fonti vicine agli ambienti militari hanno riferito ad Analisi Difesa che “il
progetto di costituzione di un Comando delle Forze Speciali dell’Esercito
(COMFOSE) rientra nel più ampio processo di razionalizzazione della
struttura di Comando e Controllo della componente terrestre e persegue
l’obiettivo di incentrare le risorse a disposizione prioritariamente sulle
unità operative.” Il potenziamento della componente forze speciali (FS) e
per operazioni speciali (FOS) nasce dalle esperienze maturate negli ultimi
anni e in particolare in Iraq e Afghanistan e tra i motivi che hanno indotto
a costituire il COMFOSE viene sottolineata “la necessità di un’inderogabile
razionalizzazione” che crei “le necessarie sinergie e l’unitarietà
d’indirizzi nel campo dell’addestramento, della formazione,
dell’acquisizione dei materiali e della normativa di riferimento inclusa
l’esigenza di individuare quelle procedure tecnico-tattiche in grado di
accrescere la capacità d’integrazione, in operazioni, tra le FS/FOS, le
unità convenzionali e gli assetti dedicati all’intelligence tattica. Oggi
queste unità dipendono da differenti comandi, con un’inutile e non più
sostenibile duplicazione delle risorse dedicate”. Alla costituzione del
nuovo comando si aggiungono poi altre direttive tese a creare una maggiore
osmosi tra i vari reparti come la disposizione che il comandante dei ranger
del 4° reggimento Monte Cervino sia un ufficiale proveniente dal 9°
reggimento incursori Col Moschin e infatti in questi giorni il colonnello
Carlo Sardi ha ceduto il comando del 4° all’incursore paracsdutista Pietro
Addis. Da quanto rivelato Il COMFOSE dipenderà direttamente dal Capo di
stato maggiore dell’Esercito e costituirà l’interfaccia tra l’Ufficio
Operazioni Speciali costituito presso lo Stato Maggiore e il COFS
interforze, stabilendo così un collegamento funzionale in materia di
cooperazione, ricerca e individuazione dei materiali di interesse comune,
normativa e addestramento interforze. La fonte tiene a precisare che “il
COMFOSE non duplicherà le funzioni del COFS, che ha solo compiti d’impiego
in operazioni degli assetti di FS/FOS resi disponibili da ciascuna forza
armata inserendoli in joint task force e fissando le modalità di
integrazione con le altre componenti combat, combat support e combat service
support dei contingenti nazionali.”
Ciò nonostante la costituzione del nuovo comando che sorgerà a Pisa nella
struttura del Centro addestramento di paracadutismo, rischia di apparire
ridondante rispetto a una più funzionale ed economica assegnazione completa
dei reparti di questo tipo al COFS, potenziando cioè questo comando
interforze. Una scelta che avrebbe aiutato la standardizzazione non solo tra
i diversi reparti dell’esercito ma tra tutti i reparti italiani di questo
genere che del resto operano in task force congiunta in Afghanistan dal 2007
(la Task Force 45). Fonti vicine all’Esercito sostengono che il nuovo
comando, che avrà uno staff “molto snello” e “non sarà proiettabile”,
semplificherà la gestione di reparti ma resta la sensazione di un’occasione
perduta, specie in epoca di risparmi, per allargare questa semplificazione a
livello interforze potenziando una struttura di comando già esistente.
I tagli
Circa l’impatto della “spending review” sull’Esercito va rilevato che il 27
settembre è stato chiuso il primo reparto “tagliato” dai programmi di
riduzione messi a punto dal ministro Giampaolo Di Paola. Lo scioglimento del
123° reggimento fanteria di Chieti, uno dei 5 cinque reggimenti di
addestramento dei volontari (RAV) , ha aperto la strada a una
riorganizzazione che potrebbe vedere presto la chiusura di un altro reparto
simile a conferma di come la riduzione del reclutamento rappresenti uno
strumento rilevante per ottenere più rapidamente il taglio del personale
previsto dal piano di Di Paola. I provvedimenti di “spending review”
approvati ieri dal Consiglio dei ministri in attuazione del decreto-legge n.
95 del 2012 prevedono che i militari italiani scendano da 190 mila a 170
mila entro la fine del 2014. In realtà il taglio, che non riguarda
Carabinieri e Capitanerie di Porto, non sarà così corposo poiché dei 190
mila militari previsti dal Modello di Difesa ve ne sono in servizio solo
180.270 (erano 183.560 nel 2011) secondo i dati forniti all’inizio dell’anno
dal ministero. In pratica si tratterà di scendere di 10 mila unità in due
anni (per un risparmio valutato circa 50 milioni di euro), obiettivo
raggiungibile grazie anche alla riduzione del reclutamento iniziato già
quest’anno con 3 mila volontari in meno arruolati rispetto ai 12 mila
previsti. Circolano voci che il prossimo RAV dell’Esercito a chiudere
potrebbe essere l’85° reggimento fanteria di Montorio Veronese nella cui
base è stato trasferito il 4° reggimento Ranger (alpini paracadutisti). Di
certo non il 235° di Ascoli Piceno che cura l’addestramento delle reclute di
sesso femminile. Importanti tagli sono in arrivo anche tra le 11 brigate
operative dell’Esercito che dovrebbero ridursi a 9 entro il 2014. Ormai
quasi certo lo scioglimento della brigata di cavalleria (blindati) Pozzuolo
del Friuli che vedrà i suoi reggimenti assegnati a brigate prive di
reggimenti di questo tipo. Benchè indiscrezioni riportate in questo stesso
articolo riferissero della chiusura del 2°reggimento Piemonte di Villa
Opicina, fonti ben informate hanno rivelato ad Analisi Difesa che il
reparto, a pieni organici e con uno squadrone in partenza per la missione in
Libano, resterà in vita e verrà assegnato ad altra brigata. Il 5° Lancieri
di Novara di Codroipo dovrebbe passare alle dipendenze della brigata alpina
Julia mentre la brigata aeromobile Friuli farebbe il pieno di reparti
inglobando il 4° Genova di Palmanova, il 1° reggimento artiglieria a cavallo
di Milano, il 3° Genio guastatori di Udine e il reggimento Lagunari “Serenessima”
che affiancherebbe il 66° aeromobile come unità di fanteria. La brigata
basata a Bologna dovrebbe però perdere il Savoia Cavalleria di Grosseto,
reggimento destinato a passare alle dipendenze della brigata Folgore che
uscirà potenziata dalla riorganizzazione anche grazie alla ricostituzione di
un reggimento artiglieria paracadutisti dotato di due o tre compagnie di
mortai da 120 millimetri Potrebbe chiamarsi 184° reggimento o 185° che in
tal caso tornerebbe alla sua specialità originaria lasciando al Reggimento
Acquisizione Obiettivi la sola denominazione RAO.
A conferma di come ipotesi e indiscrezioni si accavallino basti pensare che
pochi mesi or sono la stessa brigata Friuli era indicata tra quelle di
probabile soppressione. Oggi invece si parla insistentemente della chiusura
della brigata Granatieri di Sardegna, schierata nel Lazio, che vedrebbe
parte dei suoi reggimenti assegnati ad altri comandi o disciolti. In
alternativa, sempre secondo indiscrezioni, rischierebbe la chiusura la
brigata corazzata Ariete che sta per perdere uno dei suoi tre reggimenti
carri, il 4° di Bellinzago, che verrà sciolto. Gira inoltre voce che l’11°
reggimento bersaglieri, sempre dell’Ariete, potrebbe venire assegnato alla
brigata Garibaldi (che ha già i reggimenti bersaglieri 1° e 8°) ma non è
chiaro che fine farebbero il 32° e 132° carri su tank Ariete e il 132°
artiglieria su semoventi Pzh-2000. Difficile fare previsioni ma è evidente
che sul piano operativo sarebbe preferibile “sacrificare” la brigata
Granatieri di Sardegna mantenendo in vita l’Ariete con due reggimenti carri
e uno di artiglieria semovente. Scelta certo più costosa in termini
finanziari ma che consentirebbe di salvaguardare la preziosa componente
corazzata.
Ritiro più rapido dall’Afghanistan
Notizie e indiscrezioni raccolte sembrano far emergere la volontà di ridurre
il numero di comandi ridistribuendo i reparti operativi per costituire
brigate più forti e complete sotto il profilo dei mezzi e degli organici. Il
crollo verticale dei fondi destinati alla Difesa richiederà interventi
drastici per garantire le capacità operative dello strumento militare, come
ha più volte ribadito Di Paola auspicando una precisa pianificazione
finanziaria delle risorse assegnate per il futuro. In base ai tagli già
approvati i fondi del bilancio sono destinati a ridursi dai 13,6 miliardi di
quest’anno a meno di 11 miliardi nel 2014 per almeno il 70 per cento
assorbiti dal pagamento degli stipendi al personale militare. Fonti ben
informate riferiscono che per aumentare i fondi da destinare all’esercizio
si sta accelerando il ritiro delle truppe dall’Afghanistan recuperando così
alcuni milioni del miliardo e 450 milioni di euro assegnato quest’anno extra
bilancio alle operazioni all’estero e assorbito per oltre metà dal fronte
afghano. Uno dei quattro battaglioni da combattimento schierati in
Afghanistan è già stato ritirato e un secondo rientrerà in dicembre
riducendo così da 4 mila a meno di 3 mila effettivi il contingente schierato
a Herat e dintorni. Ma se il ritiro dei militari ridurrà i costi della
missione, rimpatriare mezzi e materiali avrà costi elevatissimi non ancora
definiti. “Stiamo facendo la pianificazione – ha detto recentemente Di Paola
a Kabul – ”entro la fine dell’anno conosceremo i costi logistici”. A tal
proposito una recente stima realizzata in Francia ha valutato che il costo
del rimpatrio di un container possa variare, a seconda del percorso e dei
vettori impiegati (aerei, treni) tra i 5mila e i 58mila euro.
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