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rassegna stampa  
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LIBANO: SOLDATO JANE, UN CAFFE' PER RICORDARE CASA

E' UNA DELLE 4 LAGUNARI CHE PARTECIPANO ALLA MISSIONE ITALIANA

 

ROMA, 9 SET - La tazza di caffe' di un fornelletto da campo scalda la notte e restituisce, sia pure per un attimo, gli odori di casa, durante le ore di vigilanza. Per le quattro lagunari della forza di ingresso della missione italiana in Libano, basta anche questo piccolo gesto di quotidianita' casalinga nel campo base di Jebel Marun per scacciare freddo e nostalgia.

''Il caffe' o un brodino ci aiutano a rimanere sveglie di notte durante i turni di veglia - racconta il caporalmaggiore dei lagunari Silvia di Siervi, 24 anni, l'ormai nota ''soldato Jane'' - e soprattutto ci riportano un pezzo della nostra vita italiana''. Ma altri aspetti di questo luogo sembrano parlare, curiosamente, la stessa lingua di casa. Parole fatte di colori, di campagne coltivate, del sorriso della gente, di case dal sapore tipicamente Mediterraneo. ''Devo dire che a differenza dell'Iraq - sottolinea la mamma-soldato - qui il clima, l'ambiente, la forma delle abitazioni e le stesse coltivazioni di tabacco mi ricordano quelle della mia Galatina''. E dove e' rimasta la piccola Sara di un anno e mezzo, accudita dai nonni, mentre il marito, lagunare anche lui, e' in caserma a Mestre (Venezia), in attesa di una possibile chiamata per la stessa missione. ''Da quando sono qui - confessa Silvia - mi e' capitato spesso di sognare i miei familiari, ma soprattutto la mia piccola, che mi manca molto, inutile dirlo''.

Nonostante le complicazioni di una vita da campo spartana (solo da qualche giorno sono arrivati a Jebel Marun, ad esempio, i bagni chimici), alle quali peraltro le quattro lagunari hanno ormai fatto l'abitudine dopo anni di addestramento, Silvia e' pronta a cogliere i risvolti positivi di questa nuova missione, soprattutto in relazione all'esperienza a Nassiriya di ''Antica Babilonia 4''. ''Qui sono tutti molto disponibili, affabili, ci fanno capire chiaramente che sono contenti della nostra presenza -racconta - a me non era mai capitato di vedere tante ragazze affacciate alla finestra a salutarci''. ''E non nascondo che vedere i bambini che ci lanciavano riso o sventolavano la bandiera italiana come segno di benvenuto - aggiunge - mi ha veramente emozionata''. Nessun contatto diretto, per ora, con i civili locali, ma il fuciliere spera presto di poter conoscere la popolazione, magari quando il campo sara' trasferito, tra pochissimi giorni, nell'area della collina di Maarake, dove i caschi blu italiani insedieranno la base operativa. ''Siamo qui per fare il nostro dovere - tiene a ricordare - che e' quello di aiutare questa gente e riportare la pace''. Se Silvia di Siervi ha visto il Libano per la prima volta, c'e' un'altra donna soldato,il capo di terza classe Celestina De Lucia, 30 anni, di Terlizzi (Bari), imbarcata con altre 14 colleghe sulla nave San Marco della Marina, in navigazione da ieri verso Naqura, che del Paese dei Cedri ha gia' un preciso ricordo che risale a qualche anno fa. ''Sono stata a Beirut quando non era stata ancora distrutta - racconta - durante una campagna addestrativa con la nave Vittorio Veneto''. ''Allora mi aveva colpito la sua diversita' con le citta' europee - spiega - ricordo ancora il centro, molto bello, ma soprattutto gli odori e il richiamo del muezzin delle moschee''.

Celestina De Lucia e' da cinque anni in Marina (due di corso e tre a bordo delle navi) e la missione Leonte rappresenta per lei la prima esperienza del genere all'estero. ''Mi aspetto tanto da questa missione - dice - ci stiamo addestrando da tempo e ora finalmente abbiamo la possibilita' di renderci utili e di concretizzare quanto abbiamo imparato''. Ha le idee molto chiare sul significato della presenza italiana in quest'area: ''e' una missione di pace importante - afferma - che ci da' modo anchedi collaborare con l'Esercito, con il quale, nelle esercitazioni che hanno preceduto questo impiego, abbiamo raggiunto livelli addestrativi molto elevati''

A scommettere sull'elemento femminile della missione Leonte e' il col. Luigi Chiapperini, comandante dei Lagunari, forte della lunga esperienza maturata in Afghanistan. ''Il personale femminile e' fondamentale - spiega - nei rapporti con la popolazione islamica, soprattutto le donne''. Le soldatesse, aggiunge il comandante dei Lagunari, sono ormai inserite da tempo organicamente nei reparti militari e sono considerate essenziali per la buona riuscita delle procedure di ogni intervento, le stesse messe in atto durante le fasi addestrative. Impossibile dunque immaginare una missione senza la componente femminile: si lavora 'a memoria' - sottolinea - sfruttando proprio l'affiatamento che si e' creato operando quotidianamente fianco a fianco, utilissimo per esempio nei pattugliamenti notturni.

Rosanna Codino (ANSA)

 

  
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Estratto da ANSA, 09 settembre 2006.

  
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