Un anziano si
avvicina al palco: «Vergognati di aver portato a Venezia, città di
pace, i lagunari». Poi Raffaele Speranzon, capogruppo di An in
consiglio comunale si sbraccia e urla: «Chiedi scusa per il
comportamento dell'assessore Giuseppe Caccia, il tuo è un silenzio
assordante, insopportabile, siete degli ipocriti».
Laclaquescandisce: «Dimissioni! Dimissioni!». Dietro le spalle il
presidente della giunta regionale, Giancarlo Galan, rincara la
dose: «La cosa indecente è che persone di questo genere siedano al
governo delle nostre città, che siano protette da qualcuno che li
accoglie, coperte anche da un sindaco che oggi ha pur pronunciato
davanti a tutti parole corrette sulle Forze Armate e sulla pace».
Filippo Ascerto, ex carabiniere, ora parlamentare di An: «Il
sindaco ha smentito l'assessore, che ora deve andarsene».
Paolo Costa, sindaco di Venezia, sembra un San Sebastiano
crocifisso, mentre le autorità cominciano a lasciare la
manifestazione. C'è chi i lagunari non li voleva, e glielo
rinfaccia. C'è chi li voleva, ma non vuole l'assessore verde che
strizza l'occhio ai no-global. C'è chi si attendeva una presa di
distanze più dura dalla guerra e chi la invoca, invece, nei
confronti del pacifismo. Sembra fatto apposta per non accontentare
nessuno questa sfilata, che è comunque un successo di pubblico ed
è carica di emozioni. Costa replica dal palco, verso gli
spettatori: «Quando ho questa fascia tricolore addosso, per la
città parlo io. Penso però che ognuno abbia diritto ad esprimere
le proprie opinioni, anche se sono sbagliate. Se l'assessore
Caccia non dice da assessore quello che dico io, allora lo caccio.
Altrimenti sono opinioni personali».
Il siparietto polemico occupa pochi minuti, eppure la dice
lunga sul furore delle polemiche. Il sindaco, peraltro, ha
pronunciato in piazza Ferretto parole di grande rispetto per i
lagunari: «La città tutta vi accoglie, vi saluta, vi abbraccia con
l'affetto di sempre. Il nostro è un legame profondo e duraturo,
siamo uniti nell'acqua e nel vincolo di San Marco». Di
partecipazione al lutto per la morte di Matteo Vanzan. Ma anche di
presa di distanza dagli orrori della guerra: «Saremmo ciechi se
questo fosse solo un giorno di festa, se i nostri occhi non
fossero aperti su ciò che accade nel mondo, sulla furia del
terrorismo e sulla violenza della guerra». L'invocazione finale ha
il sapore di un auspicio, forse anche di uno strappo: «La morte e
la guerra non sono il pane gradito dei nostri soldati, il cui
compito è quello di custodire e servire la pace, costruire ogni
giorno. Il nostro sogno è che questi raduni possano essere, in
futuro, soltanto raduni di soldati in pace».
Dopo le polemiche politiche, quelle sull'ordine pubblico, per
lo smontaggio del palco da parte dei no-global, sabato pomerigigo.
«Li abbiano lasciati giocare» è il commento del questore Giuseppe
Presenti, che sembra aver preferito lasciare una valvola di sfogo
piuttosto che rischiare lo scontro. Ma dopo il gioco, sarà
presentato il conto. Gli uomini della Digos sono al lavoro sui
filmati e sulle testimonianze. A giorni partirà una denuncia a
carico dei no-global e dei ragazzi del Morion che a Venezia si
sono scontrati con gli agenti. L'elenco dei reati? Resistenza a
pubblico ufficiale (poliziotti aggrediti), vilipendio (bandiere
tricolori strappate), manifestazione non autorizzata. E non è
detto che sia tutto. |