Il Ministro della Difesa, Arturo Parisi, accompagnato dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio Giampaolo Di Paola ed alla presenza del Presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha partecipato alla cerimonia di saluto al Contingente italiano in partenza per il Libano.
Riportiamo di seguito il testo dell'intervento.
Signor Presidente del Consiglio,
Onorevoli Sottosegretari di Stato alla Difesa, Onorevoli Presidenti delle Commissioni Difesa di Camera e Senato , Signor Capo di Stato Maggiore, Autorità, uomini e donne del contingente italiano,
sono trascorsi 24 anni da quando, dalle banchine del porto di Brindisi, salpavano le navi della nostra Marina Militare, dirette a Beirut, con a bordo i Bersaglieri del Battaglione "Govèrnolo", i Marò del Battaglione "San Marco" e altri reparti delle nostre Forze Armate.
Aveva inizio, così, il primo grande impegno operativo fuori dal territorio nazionale dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Una missione difficile, rischiosa che grazie alla gestione sapiente degli Stati Maggiori e alla condotta esemplare dei comandanti e di tutto il contingente nel Teatro di operazioni, seppe portare a termine il mandato ricevuto con ottimi risultati, meritando l'apprezzamento incondizionato in campo internazionale.
Oggi salutiamo questo primo scaglione della nuova missione di peace-keeping,
"forza d'ingresso" che dovrà porre le basi per consentire il dispiegamento completo del contingente.
Sono sicuro che ancora una volta gli uomini e le donne che sono ora in mare sulla via del Libano sapranno fare il loro dovere per cercare di riannodare il tenue filo della tregua, per irrobustirlo e trasformarlo in una pace stabile che restituisca in quella tormentata regione la speranza in un futuro di ricostruzione, di benessere, di progresso civile.
La missione che vi accingete a compiere, è senza dubbio tra le più delicate ed impegnative dalla fine della seconda guerra mondiale.
Una missione che ho definito lunga, rischiosa, costosa, difficile, e tuttavia una missione doverosa.
L'Italia è chiamata ad essa dalla storia che la lega da sempre alle vicende delle altre sponde del mediterraneo, e dalla geografia che fa del nostro Paese una frontiera avanzata dell'Europa.
L'Italia è chiamata ad essa dal progetto di società che nell'art. 11 del patto che è alla base della nostra Repubblica ci chiede di rifiutare la guerra come mezzo di composizione delle controversie tra i popoli e contemporaneamente di spenderci in difesa della pace promuovendo e partecipando alle organizzazioni internazionali che perseguono questo ideale.
Non ci è consentito di restare indifferenti.
Uomini e donne del contingente Unifil,
noi sappiamo che voi siete consapevoli delle difficoltà da superare e dei pericoli da sventare.
Ma sappiamo pure che siete all'altezza del compito perchè avete già dato prova d'esserne capaci, e perchè questo compito rientra in quell'alto concetto di servizio e fedeltà alla Repubblica espresso nel vostro giuramento.
Raggiungerete presto la vostra zona di schieramento.
In territorio libanese le condizioni sono complicate ed impegnative.
La guerra ha portato morte, distruzioni immani, dolore.
E tuttavia il semplice annuncio della missione, la chiamata dell'Onu all'intervento ha interrotto un fiume di sangue che seminava morti e dolore ormai da un mese.
E' per questo che il nostro Paese ha risposto sì con prontezza, per difendere la tregua e rendere possibile una pace stabile.
A due settimane dalla sospensione del fuoco e delle ostililità possiamo perciò aggiungere che la missione comincia sotto il segno della speranza oltre che sotto il segno del dovere.
Queste sono le ragioni della forte presenza italiana in questa Missione e del ruolo rilevante scaturito dopo settimane di complessa tessitura diplomatica.
Una missione condotta nel nome dell'Europa e dell'unità del campo occidentale, messa al servizio della pace.
Uomini e donne del contingente Unifil,
in Libano entrerete in azione congiuntamente alle truppe di altri Paesi europei ed extraeuropei.
Son sicuro che darete ancora una volta conferma della nostra capacità nelle operazioni di peace keeping, della capacità degli italiani di essere contemporaneamente soldati ed operatori di pace.
Una capacità che è figlia della umanità che abbiamo respirato nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità.
Una capacità che è coerente col nostro progetto di società che chiama la Repubblica e ognuno di noi a riconoscere l'eguaglianza di tutti i cittadini "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche e di condizioni personali e sociali".
Non avete nulla da invidiare a nessuno.
Conoscete il vostro dovere, siete stati addestrati tecnicamente, siete motivati e spiritualmente preparati per operare nel migliore dei modi.
Sono perciò sicuro che vi comporterete con senso dell'onore, così come, nei rapporti con la popolazione saprete sempre agire con grande discernimento e profondo senso di umanità.
Come sempre è stato.
Non mi resta che augurarvi, buon lavoro e buona fortuna.
Viva l'Italia.
Viva l'Europa.
Via l'Onu.
Viva la Pace.