L'A.L.T.A. alla celebrazione ufficiale del 25 aprile
Le Celebrazioni del 25 aprile hanno avuto quest'anno particolare risonanza su specifico desiderio del Presidente della Repubblica.
Il giorno 24, nel pomeriggio, i Presidenti e gli Alfieri delle Associazioni Combattentistiche e d'Arma ( per l'ALTA il Vice Presidente Vicario Lagunare Generale Giampaolo Saltini e l'Alfiere Lagunare Tenente Claudio Roiter) sono stati ricevuti al Quirinale dove gli interventi del Presidente della Repubblica, del Ministro della Difesa, del Presidente di ASSOARMA e del Presidente della Federazione delle Associazioni Combattentistiche, hanno sottolineato l'importanza decisiva del rinato Esercito Italiano alla Guerra di Liberazione ed il grande valore delle Associazioni per il collegamento fra Forze Armate e Paese.
Il 24 mattina all'Altare della Patria alla presenza di un Reparto d'Onore pluriarma con la Bandiera di Guerra del Reggimento Granatieri, dei Labari delle Associazioni Combattentistiche e d'Arma, di numerose Autorità, il Presidente della Repubblica ha insignito della Medaglia d'Oro al Valor Militare o della Medaglia d'Oro al Valor Civile i Gonfaloni di Comuni particolarmente distintisi nella ricostruzione dopo i bombardamenti, nell'accoglienza dei profughi e nella difesa degli Ebrei.
Al termine della Cerimonia i Presidenti ed i Labari con gli Alfieri si sono imbarcati a Ciampino su un aereo che li ha trasportati a Cefalonia dove hanno raggiunto il Monumento ai Caduti Italiani ove si sono uniti con i Reduci della Divisione Acqui. Dopo la resa degli Onori da parte di un Picchetto del Reggimento "Acqui" Il Presidente della Repubblica Italiana ed il Presidente della Repubblica Ellenica hanno deposto una Corona d'Alloro al Monumento che ricorda gli oltre 9.000 Italiani caduti in combattimento o fucilati dai Tedeschi dopo la resa.
Dopo una sosta alla "Fossa" ove furono gettate le salme dei 340 Ufficiali fucilati e dove il Picchetto con trombettiere ha improvvisato una "resa degli Onori ai Caduti" non prevista ma, proprio per questo, estremamente coinvolgente, i Presidenti e gli Alfieri si sono imbarcati sull'aereo ritornando a Roma.
Lag. Gen. Giampaolo Saltini
INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO
CEFALONIA, 25 APRILE 2007
Rendo nuovamente omaggio qui a Cefalonia - raccogliendo l'ispirazione del mio predecessore Carlo Azeglio Ciampi - ai combattenti e ai caduti della Divisione Acqui. E lo faccio nel giorno in cui si celebra in Italia la Festa della Liberazione. E' la Festa di tutti gli italiani. Volli dirlo in Parlamento, nel momento d'inizio del mio mandato : "ci si può ritrovare - senza riaprire le ferite del passato - nel rispetto di tutte le vittime e nell'omaggio non rituale alla liberazione dal nazifascismo come riconquista dell'indipendenza e della dignità della patria".
E proprio perché il 25 aprile sia riconosciuto e sentito come Festa di tutti gli italiani, è importante dare il giusto posto - nella memoria storica e nella coscienza comune - alle diverse tappe e alle molteplici componenti del processo di maturazione e di lotta che sfociò nell'approdo glorioso di una liberazione piena del nostro paese e del nostro popolo. Tra quelle componenti, fu certamente essenziale l'apporto delle formazioni partigiane, nelle montagne e nelle città, con un vasto sostegno di solidarietà popolare, che si espresse tra l'altro nell'appoggio spontaneo ai giovani che si rifiutavano di subire la chiamata alle armi con la repubblica di Salò, agli ebrei che cercavano di sfuggire a un destino di morte, e anche a molti militari alleati fuggiti dai campi di prigionia che spesso si univano alle unità dei combattenti della libertà.
Ma accanto al decisivo apporto delle formazioni partigiane, fu altamente significativo e obbiettivamente importante il contributo sia dei militari chiamati a repentine, durissime prove all'indomani dell'armistizio dell'8 settembre 1943, sia degli ufficiali e dei soldati che si unirono ai partigiani rafforzandone la capacità di combattimento, sia delle nuove forze armate che si raccolsero nel Corpo Italiano di Liberazione. Questo multiforme contributo, a lungo sottovalutato, è ormai iscritto a pieno titolo nella storia del nostro riscatto nazionale. E di esso fu parte singolare e rilevante - per molto tempo quasi ignorata - la resistenza di centinaia di migliaia di militari italiani internati in Germania nei campi di concentramento, che respinsero, in schiacciante maggioranza, l'invito a tornare in Italia aderendo al regime repubblichino.
E' dunque questa più comprensiva visione del percorso che condusse l'Italia dal crollo dell'8 settembre 1943 all'insurrezione del 25 aprile 1945, che può favorire un effettivo riconoscimento unitario, oggi nel nostro paese, del valore della Festa che ovunque celebriamo.
Ecco il contesto nel quale si colloca - signor Presidente della Repubblica ellenica - la cerimonia che abbiamo promosso a Cefalonia. E' una cerimonia - desidero sottolinearlo, esprimendole gratitudine per aver voluto parteciparvi - che noi intendiamo dedicare anche all'amica Grecia, così dolorosamente ferita nella seconda guerra mondiale dalle aggressioni fascista e nazista e dall'occupazione straniera, e quindi pur essa impegnatasi a combattere per liberarsi, e per conquistare il ruolo che le spettava nella costruzione di una nuova Europa unita nella pace e nella democrazia.
Nella vicenda di Cefalonia si rispecchiò interamente la tragedia delle giornate seguite all'8 settembre che segnarono - come scrisse un grande intellettuale, combattente e caduto per la libertà, Giaime Pintor - un vero e proprio "disfacimento della compagine italiana". Ne furono responsabili l'ambiguità e l'incapacità di quanti gestirono l'armistizio con le potenze alleate, e non garantirono alcuna preparazione e alcuna guida rispetto alla reazione delle forze tedesche. Ne furono vittime innanzitutto i reparti militari italiani, colti alla sprovvista e abbandonati a se stessi, sul territorio nazionale e ancor più nei paesi in cui stazionavano come truppe di occupazione. In quella condizione, che si fece ben presto disperata, si produssero straordinarie manifestazioni di volontà di resistenza contro le pretese tedesche di sopravvento con la violenza e di odiosa umiliazione : a Porta San Paolo a Roma come a Piombino e ad Ascoli, e su più vasta scala a Cefalonia, a Corfù e in altre isole greche, nei Balcani.
La resistenza della Divisione Acqui a Cefalonia si risolse in lunghi giorni di sanguinosi combattimenti e quindi in un orrendo massacro da parte delle forze tedesche, che erano riuscite a prevalere con il determinante concorso dell'aviazione e ad imporre la resa alle truppe italiane. Di qui l'eco grandissima, che ancora continua, di quella che resta una vicenda senza eguali per il suo feroce, criminale epilogo, tanto da dar luogo a una specifica valutazione e condanna già da parte del Tribunale di Norimberga.
Alessandro Natta, protagonista e analista d'eccezione dell'"altra Resistenza" ? come egli la definì in un suo libro - si interrogò sulle "ragioni immediate" della ribellione e della lotta di quei nostri militari, e lo fece senza indulgere a interpretazioni non fondate oggettivamente o ad anticipazioni improprie. Ed è così che ci si deve atteggiare nel ricostruire quegli eventi : si può quindi affermare che se decisive furono la stanchezza di una guerra che il popolo italiano non aveva sentito come sua, e dunque l'aspirazione a ritornare a casa, prevalse l'impegno a cercare la via del rimpatrio - come si è più di recente rilevato - nella salvaguardia della sicurezza e della dignità militare. Rifiuto della capitolazione e della consegna delle armi, crescente insofferenza e reazione antitedesca, senso dell'onore e della dignità anche personale, scandirono il comportamento di quegli italiani in divisa. La maturità delle motivazioni ideali e politiche che caratterizzarono la Resistenza in Italia sarebbe venuta più tardi. Ma a Cefalonia si manifestò un impulso egualmente nobilissimo e destinato a dare i suoi frutti. Si può ben cogliere - fuori di ogni mitizzazione - un ponte ideale tra quell'impulso e la successiva maturazione dello spirito della Resistenza.
Molto si continua a scrivere e a discutere sul clima che si creò in seno alla Divisione Acqui, sul modo in cui si giunse alla decisione di affrontare lo scontro con i tedeschi, su errori militari che ne condizionarono l'esito, su responsabilità del Comando Supremo italiano e su scelte strategiche delle forze anglo-americane che resero fatale la sconfitta.
Ma non c'è polemica storiografica o pubblicistica, non c'è disputa sulle cifre o sulle persone, che possa oscurare l'eroismo e il martirio delle migliaia di militari italiani che scelsero di battersi, caddero in combattimento, furono barbaramente trucidati - soldati, ufficiali, generale Comandante - dopo la sconfitta e la resa, o portati alla morte in mare, o deportati in Germania. Una simile somma di sacrifici non potrà essere mai dimenticata dall'Italia, non potrà che riceverne sempre il commosso omaggio.
E non potrà mai cancellarsi l'infamia di quell'ordine di Hitler che si tradusse nello sterminio degli italiani ormai prigionieri di guerra, né l'orrore del comportamento di quanti si resero colpevoli dell'esecuzione di quell'ordine. E d'altronde non sono mancate testimonianze della consapevolezza di ciò ormai maturata nella coscienza pubblica della nuova Germania democratica ed europea. E' soltanto un assurdo residuo del passato quel recente pronunciamento del magistrato di Monaco, che ha rispolverato l'indegna giustificazione o attenuante - per l'eccidio di Cefalonia - del presunto "tradimento" italiano, assumendo così implicitamente la tesi che l'Italia dovesse restare legata alla catena di un'insensata e servile alleanza e di una già incombente disfatta. Sono peraltro venute poi dalle autorità politiche e giudiziarie della Baviera delle significative precisazioni, nel riconoscimento di come col massacro di Cefalonia fossero state "infrante in modo terrificante e disonorevole le regole del diritto internazionale di guerra" e di come "i soldati italiani erano rimasti fedeli alle istituzioni nazionali".
Sessantadue anni fa, la conclusione della Guerra di Liberazione vide le formazioni partigiane e i reparti delle nostre Forze Armate, rinate in quella missione, sancire il libero e determinante concorso del popolo italiano alla vittoria alleata sulla Germania nazista e all'abbattimento di quel che era sopravvissuto del regime fascista come appendice dell'occupante tedesco. In questo senso, il 25 aprile rappresentò uno storico punto di arrivo, ma nello stesso tempo esso fu anche e soprattutto un punto di partenza. Si creò cioè la premessa essenziale per la costruzione di una nuova Italia democratica, le cui fondamenta sarebbero state poste nel 1946 dal referendum istituzionale e dalla elezione dell'Assemblea Costituente.
I valori, i principi e gli ordinamenti basilari iscritti nella Costituzione repubblicana hanno mostrato la loro efficacia favorendo la ricostruzione economica e sociale del paese, garantendo il più ampio dispiegamento della vita democratica - al di là dell'asprezza delle divisioni ideologiche e politiche - e aprendo la strada a una degna collocazione internazionale dell'Italia nel quadro dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e di tutte le istituzioni multilaterali via via sviluppatesi, e soprattutto nella prospettiva originale e feconda dell'integrazione europea. Fu la lungimirante adesione a questa prospettiva, a partire dai primi anni '50 dello scorso secolo, che permise all'Italia, dopo la sconfitta e l'isolamento cui l'aveva condotta la guerra fascista, di recuperare un suo ruolo nella comunità occidentale, e di farsi partecipe di una grande impresa di pace e di collaborazione nel cuore dell'Europa.
Sappiamo che il mondo è profondamente cambiato non solo rispetto al 1945 ma anche rispetto ai decenni successivi. E tuttavia non hanno perso validità e attualità le grandi motivazioni ideali della Resistenza, e tutte le esperienze attraverso le quali l'Italia seppe rialzarsi dal crollo dell'8 settembre 1943 e farsi protagonista del suo stesso riscatto, della sua stessa liberazione. Resta altamente impegnativo per il nostro paese e per le sue Forze Armate, l'obbiettivo della pace, definito in tutti i suoi aspetti nell'articolo 11 della Costituzione : un obbiettivo che è stato conseguito grazie - voglio ripeterlo - all'integrazione europea, fino ad esser garantito nell'intero continente, ma che va perseguito anche fuori dei confini dell'Europa. Il non assistere inerti ai conflitti che lacerano vaste zone del mondo e investono diverse, cruciali aree di crisi, il fare la nostra parte per la pace e per la sicurezza internazionale sotto la guida delle Nazioni Unite e nell'ambito delle nostre alleanze, significa porsi in coerenza e continuità con il retaggio ideale della Resistenza e con la missione che in essa assunsero i militari italiani.
E' su quella missione, è su quel ruolo che abbiamo voluto oggi porre l'accento celebrando a Cefalonia il 25 aprile. Ma è combinando in una visione più ampia tutti gli aspetti, civili e militari, della nostra presenza in difficili e impegnative aree di crisi, ed è rinnovando una solidarietà profonda tra popolo, Forze Armate e istituzioni democratiche, che noi possiamo raccogliere nel modo più degno l'eredità di dedizione e sacrificio degli uomini della "Acqui" e onorare la memoria dei tanti di loro che caddero difendendo la dignità della Nazione italiana.
Intervento del Ministro della Difesa
Prof. Arturo Parisi
Udienza con le Associazioni Combattentistiche e d'Arma al Quirinale
Signor Presidente della Repubblica,
a nome del Governo, vorrei esprimere a Lei, rappresentante dell'unità nazionale, un sentimento di profonda gratitudine per la Sua attenzione, costante e affettuosa, verso chi ha dedicato la propria vita alla Patria.
Saluto tutti i Presidenti delle Associazioni e, in particolare, il Generale Calamani ed il Senatore Agostini, rappresentanti di quella nobile famiglia dell'associazionismo militare, erede delle nostre più gloriose memorie e custode delle tradizioni che fanno la grandezza della vita militare.
L'incontro di oggi ci permette di riflettere sul significato profondo e perciò simbolico delle Associazioni.
Le Associazioni Combattentistiche sono espressione della tradizione e custodi del patrimonio storico delle prove affrontate dalla nostra Nazione.
Svolgono un'insostituibile funzione di testimonianza del passato. Tramandano alle future generazioni le esperienze, talvolta drammatiche, vissute dai singoli, quale rappresentazione del più grande dramma sofferto dall'intera Nazione nel corso delle ultime guerre.
Le Associazioni Combattentistiche e Partigiane, anche al fine di poter disporre di un unico foro ove dibattere e programmare le proprie attività, hanno dato vita ad un'unica Confederazione.
Le Associazioni d'Arma sono la consolidata espressione della continuità ideale tra i militari in servizio e quelli in congedo.
Questo fenomeno associazionistico si è sviluppato essenzialmente dopo la Grande Guerra, epoca in cui assunse una vastissima dimensione proprio per la partecipazione corale di tutta la Nazione al conflitto.
Anche dopo le drammatiche ed alterne vicende della Seconda Guerra Mondiale, le Associazioni d'Arma hanno rappresentato un validissimo collegamento fra le Forze armate e i cittadini.
È un compito che esse svolgono egregiamente anche oggi.
Mantengono vivo e vitale il rapporto tra cittadini in armi e coloro che non lo sono, stimolando l'interesse per il mondo militare e svolgendo tra l'altro un'importante funzione di informazione.
Anche le Associazioni d'Arma hanno costituito un Organismo comune, il Consiglio Nazionale Permanente delle Associazioni d'Arma, denominato ASSOARMA, per dare maggiore coesione e forma compiuta alle loro attività.
ASSOARMA, come ricordato dal Generale Calamani, riunisce più di un milione di iscritti, anche fra coloro i quali risiedono all'estero.
Signor Presidente,
l'annuale udienza dei responsabili del mondo dell'associazionismo si tiene in occasione della ricorrenza del 25 aprile, quando l'insurrezione delle città dell'Alta Italia segnò il definitivo tracollo del fascismo e dell'occupazione nazista.
La democrazia, la libertà, la tolleranza, la partecipazione di massa alla vita politica, la fine di ogni anacronistico privilegio.
Questi i valori che poterono affermarsi dopo il 1945, e che oggi vogliamo ricordare, rinnovando la gratitudine dell'Italia intera a chi sopportò, soffrì, cadde in quei mesi di durissima lotta.
Ricordiamo gli eventi di allora senza odio.
Fermi, però, nel ricordo degli orrori, delle torture, delle rappresaglie, delle deportazioni razziali; perché il perdono e la pietà non possono cancellare la memoria.
Le Forze armate guardano con orgoglio alle gesta dei combattenti di allora.
Domani, dopo la cerimonia all'Altare della Patria, andremo a Cefalonia, per ricordare i caduti della Divisione Acqui: testimoni di quelli che furono i sentimenti dei nostri combattenti, decisi a riscattare l'abisso della sconfitta e della innaturale intesa con il Reich nazista, ormai radicalmente inviso alla grande maggioranza del nostro popolo.
A soli tre mesi dal fatidico 8 settembre, l'Italia si dimostrò tuttavia in grado di schierare, con successo, reparti combattenti a fianco degli Alleati. Montelungo fu, così, l'inizio di un percorso che giungerà fino alla liberazione di Ancona, Bologna, Cremona, ad opera delle forze regolari.
Un percorso che vide via via convergere nel solco della nuova Italia i gruppi partigiani delle aree liberate.
Ed è doveroso ricordare l'ampiezza e l'efficacia operativa raggiunta dalle forze partigiane, in grado di imporre ai nazisti accordi di tregua per intere aree, come nel caso della Val d'Ossola, o addirittura la resa, come nella città di Genova.
A distanza di oltre sessanta anni, penso sia maturo il momento di corrispondere alla domanda, proveniente da più parti ed oggi rappresentata dal Generale Calamani, di un riconoscimento formale a tutti coloro che hanno servito con onore la Patria, nel corso del Secondo Conflitto Mondiale.
Signor Presidente della Repubblica,
la data della Liberazione coincide con l'epilogo del secondo conflitto mondiale ed è, per l'Italia, non solo la tappa conclusiva del riscatto nazionale, ma il punto di partenza di un tempo nuovo.
Il nostro Paese era devasto moralmente e materialmente, come è giusto ricordare in queste circostanze.
La violenza del nazifascismo aveva chiesto l'uso di una risposta armata, con l'inevitabile teorema di lutti e ombre che la guerra porta sempre con se. E' qui, infatti, è in questa consapevolezza, Signor Presidente, che trova le sue radici morali l'articolo 11 della nostra Costituzione: una testimonianza di civiltà politica di un popolo che accetta ma limita il ricorso alla forza legittima, conoscendo il prezzo che bisogna pagare anche quando le circostanze obbligano a combattere.
Ad una "guerra giusta", perché tali furono la Resistenza partigiana e il cammino della Liberazione a fianco degli alleati, è seguita un'operosa e feconda pacificazione. Tutte le componenti politiche protagoniste della lotta antifascista si ritrovarono nella Repubblica e nella Costituzione, partecipando - anche con un sentire diverso - alla vita democratica di questo nostro Paese che veramente apriva un'epoca nuova.
Signor Presidente,
la vita politica acquisì, con la Liberazione, la sua sostanza di partecipazione attiva alla res publica, una partecipazione senza più distinzione alcuna.
Questa Repubblica, la nostra Repubblica, si è rafforzata e consolidata fra le tante vicissitudini del secolo appena passato, costituendo un saldo tassello della nuova Europa nata dalle ceneri dell'ultimo totalitarismo.
In questo contesto, segnato da cambiamenti così significativi, si collocano le Associazioni d'Arma, con il loro retaggio di tradizioni e memorie, con le loro articolazioni nella società civile, con i loro proponimenti e le loro speranze.
Sono convinto che l'Associazionismo militare abbia tutte le qualità per rappresentare, oltre che una forma di aggregazione forte, un solido anello di congiunzione fra la società civile ed il mondo militare.
Le Associazioni posseggono motivazioni ed esperienze capaci di coinvolgere i giovani attraverso la testimonianza delle virtù militari.
Le Istituzioni della Repubblica contano sulla loro partecipazione, e di questa le ringraziano.