01 giugno 2009
Non si hanno più notizie dei veneziani Enzo Canaletti e Cristina De Oliveira, e di Agostino Cordioli di Villafranca
VENEZIA (2 giugno) - Sono ore di apprensione a Venezia per le sorti di Enzo Canaletti e della moglie Cristina De Oliveira. I due risultano nella lista dei passeggeri del volo Air-France partito da Rio de Janeiro e diretto a Parigi scomparso dal monitor dei radar ieri mattina alle 8.
Enzo Canaletti, di 50 anni, marito di Angela Cristina, era primo maresciallo presso la caserma di Malcontenta del Reggimento Lagunari "Serenissima". Non era inquadrato in reparti operativi. Accanto al lavoro condivide con la consorte un fortissimo impegno nel sociale, in particolare verso le persone che si trovano in difficoltà sia in Brasile che al Lido di Venezia, dove la coppia abita. «Sono due persone meravigliose - ricorda un collega di Canaletti - che da anni si danno da fare per aiutare in Brasile chi vive per strada. A quanto mi risulta, lì hanno dato vita a una sorta di casa famiglia. Anche a Lido, però, in questi anni è stato continuo il loro impegno e sono promotori di un mercatino dell'usato per raccogliere fondi. Mi è capitato spesso di incontrarli con l'auto carica di aiuti e generi alimentari che poi distribuivano ai bisognosi, a badanti, a persone in difficoltà». La loro opera si estendeva anche alla lotta contro la tratta di bambini e Angela de Oliveira Da Silva stava lavorando a uno specifico progetto. Angela Cristina De Oliveira Silva, era impegnata in particolare nella difesa delle straniere schiavizzate dalle organizzazioni criminali internazionali dedite alla tratta delle donne ed è membro della Consulta provinciale per l’immigrazione. La De Oliveira è la responsabile del Ciods (Centro Internazionale di Orientamento e Difesa della Donna Straniera), una onlus alla quale collaborava attivamente anche il marito, maresciallo dell'esercito. La conferma della presenza dei due coniugi del Lido di Venezia a bordo dell'aereo è stata data dalla Farnesina ai familiari della coppia. «Cristina studiava sul campo criminologia e lavorava sui casi più difficili di donne nei confronti della criminalità organizzata - afferma Marie Louise Nivvemukobvva, responsabile dell'associazione di donne immigrate Solidaires di Venezia - voleva affrontare la criminalità organizzata che riduce la donna in schiavitù: questo era il progetto di cui mi aveva parlato, ma non so a che stadio fosse». «Aiutava chi non aveva casa e aveva perso la sua strada, anche ospitando in casa sua le persone in difficoltà - ricorda - anche nel suo privato faceva tante cose che non diceva, mi aveva confidato: "Tanto del mio lavoro non appare e non lo posso dire"». La conferma di quest'impegno viene anche Mouaffak Idlibi, responsabile del Cacev (Coordinamento associazioni cittadini extracomunitari di Venezia): «Una persona meravigliosa, coraggiosa: per il suo impegno rappresentava le associazioni degli immigrati nella Consulta regionale veneta sull'immigrazione - dice Idlibi - lavorava in particolare sulla prostituzione e sulla violenza alle donne, contro le associazioni criminali che stanno dietro il traffico, soprattutto quello proveniente dalla Nigeria, in particolare contro la violenza che subiscono le nigeriane». Il suo viaggio in Brasile era collegato al suo impegno contro la tratta? «Io penso di sì - risponde una delle volontarie che a Venezia collabora con il Ciods - e poteva anche comportare qualche livello di rischio». La donna compare oggi nell'home page del sito del Pnv, il Partito Nasional Veneto. La donna era entrata nel Pnv lo scorso gennaio ed era candidata per il movimento alle elezioni provinciali di Padova e Venezia. Angela Cristina stava tornando a Venezia per la conclusione della campagna elettorale. Nata nel '58 a Rio de Janeiro, secondo quanto riferisce il sito, aveva frequentato la facoltà di logopedia dell'Università Estacio di Sa a Rio de Janeiro. Si era laureata con 110/110 in Scienze giuridiche presso l'università degli studi di Ferrara e ha conseguito un master in criminologia, presentando una tesi su «Violenza sulle donne, un allarme sociale». Aveva sviluppato la propria formazione in Psicologia giuridica e crimini in internet. Di carattere forte e determinato, era soprannominata "Cristina pugno di ferro" per le sue lotte contro ogni forma di violenza nei confronti delle donne. Perito linguistico del Tribunale di Venezia, era presidente di "Donne senza frontiere".
Estratto da Il Gazzettino, 3 giugno 2009
Lei candidata con gli indipendentisti veneti, con il marito si divideva tra il Lido e Rio. La figlia Natalia salva per un caso
di Michele Fullin e Lorenzo Mayer
VENEZIA (3 giugno) - Due persone buone, non perché lo detta l’opportunità del momento, ma perché buone lo erano veramente nel profondo dell’animo. Angela Cristina de Oliveira Silva e Enzo Canaletti, entrambi cinquantenni, lasciano un grande vuoto a Venezia anche in virtù dell’intenso impegno sociale a favore delle donne straniere che lei aveva abbracciato come una crociata e che lui, maresciallo dei Lagunari, aveva appoggiato in pieno. Entrambi trascorrevano ogni anno almeno un mese in Brasile. Così avevano fatto a fine aprile, con l’obiettivo di ristrutturare una loro proprietà a Rio de Janeiro per trasformarla in una casa d’accoglienza dove dare alloggio gratuito alle donne in difficoltà e bisognose d’aiuto. Nessuno poteva sapere, invece, quale tragico destino li attendeva sul volo Air France che li stava riportando nella loro casa, al Lido, vicino al piccolo aeroporto. Lui, di origini pugliesi, era un maresciallo dei Lagunari. Lei, invece, laureata in Scienze giuridiche, era anche perito e consulente per le traduzioni del Tribunale di Venezia. Figlia unica, tornava spesso in Brasile, dove aveva mantenuto delle amicizie anche se non aveva più la famiglia in patria, proprio per dare aiuto alle donne emarginate. La loro figlia Natalia, laureatasi da pochi mesi, oggi dipendente delle spiagge Excelsior del Lido, non era partita con loro proprio perché da poco aveva trovato lavoro. La ragazza, appena raggiunta dalla notizia, ieri mattina si è imbarcata con un volo per Parigi alla ricerca di notizie dei genitori. Cristina De Oliveira era conosciuta soprattutto per il suo impegno nel volontariato e per essere la fondatrice e l’anima del Ciods (Centro di orientamento e difesa della donna straniera), associazione che oggi raccoglie circa cento iscritti e di cui il marito era segretario. Cristina era anche componente della consulta provinciale per l’immigrazione, in stretta collaborazione con l’assessore Rita Zanutel. Era una specie di fiume in piena, il suo entusiasmo era contagioso e il suo fare concreto l’ha portata a raggiungere obiettivi che altri avrebbero ritenuto impossibili. Iscritta all’università a 45 anni, è riuscita con la sua determinazione a laurearsi in Giurisprudenza nonostante il gravoso impegno nell’associazione, che l’ha portata ad organizzare corsi di inserimento nel lavoro e campagne di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. In Brasile tornava due o tre volte l’anno e in quelle occasioni portava con sè abiti e scarpe da sposa in modo che anche le donne più povere potessero vivere in modo decoroso almeno il giorno del loro matrimonio. Questa sua determinazione l’aveva messa recentemente nella politica, tanto che si era candidata per le provinciali di Venezia e Padova con gli indipendentisti del Partito Nasional Veneto. «Si riconosceva negli ideali del nostro partito - racconta il segretario Gianluca Busato - e il nostro programma di politica sociale è stato quasi interamente redatto da lei. Ma la cosa che ci fa star male di più è che Cristina stava tornando per la conclusione della campagna elettorale». Gli amministratori locali sono costernati, perché in lei perdono un interlocutore attento e uno stimolo nella soluzione dei problemi di convivenza tra italiani e stranieri. «La loro scomparsa - ha commentato il presidente della Provincia, Davide Zoggia - ci segna profondamente». «Ho sperato fino all’ultimo che la notizia non fosse vera» - ricorda l’assessore alle Politiche sociali di Venezia, Sandro Simionato. Enzo Canaletti per partecipare a quel viaggio in Brasile, si era messo in licenza. «Due persone meravigliose – dice il maggiore Michele Botta dei Lagunari – molto conosciute e integrate al Lido. Parlo a titolo personale, ma credo di interpretare i sentimenti di molti colleghi: lui era un maresciallo molto apprezzato, ed attento. Un uomo meraviglioso che lascerà un vuoto profondo».
estratto da La Nuova Venezia, 3 giugno 2009
A tarda notte le prime indiscrezioni sui nomi. Oltre ai tre volontari di Trento, forse a bordo anche tre altoatesini, tre veneti e una bolognese
ROMA. Prima cinque. Poi di certo tre. Poi dieci, nove e infine ancora dieci. È stata una giornata di angoscia, di attesa e di grande incertezza quella vissuta ieri all’Unità di crisi della Farnesina. Ed è stato soltanto a tarda sera che sono cominciate ad arrivare le prime conferme ufficiali sul numero e i nomi degli italiani a bordo dell’Airbus 330 Air France scomparso nell’Atlantico. Le prime tre conferme sono state quelle arrivate dal Trentino, poi in serata si sono aggiunti i nomi di due coniugi veneziani di 50 anni, Enzo Canaletti e Angela Cristina de Oliveira. Con loro il veronese Agostino Cordioli di 73 anni. Ancora tre altoatesini di San Candido, Alexandr Paulitsch e Georg Lercher, il terzo nome non è stato ancora comunicato, e una signora bolognese di 55 anni, Claudia Degli Esposti, responsabile marketing di una agenzia regionale di sviluppo, in viaggio di lavoro in Brasile. Enzo Canaletti e Angela Cristina de Oliveira Silva, marito e moglie, risiedono al Lido di Venezia, ed hanno una figlia, Natalia, di 20 anni. Angela Cristina è brasiliana. Laureatasi in giurisprudenza in Italia, da anni lavora a favore dei diritti delle donne straniere in Italia e nel Paese natale. A Lido è la responsabile del Ciods, Centro internazionale di orientamento e difesa della donna straniera. In qualità di referente del Ciods, Canaletti e la moglie da anni collaborano anche con la Provincia di Venezia all’interno dei gruppi di lavoro per i diritti di cittadinanza. Il Ciods è piuttosto conosciuto a Lido. Una volta al mese l’a ssociazione organizza un mercatino dell’usato e della solidarietà in via Lepanto, a Santa Maria Elisabetta e, d’estate, anche sul piazzale di fronte al Blue Moon. Con il ricavato di questa vendita Angela Cristina aveva avviato un progetto di solidarietà in Brasile. Una scuola a 50 chilometri da Rio de Janeiro aperta con l’o biettivo di far studiare le bambine abbandonate o le figlie delle ragazze madri. Da un po’ di tempo aveva cominciato ad interessarsi anche dei bambini vittime della tratta. Era coinvolta in tutto quello che poteva fare per aiutare i suoi connazionali. E utilizzava tutti gli strumenti che i codici e la legge del cuore le consentivano per cercare di aiutare queste persone.
Angela Cristina tornava spesso in Brasile. Non solo perchè c’erano i suoi parenti, a cui era molto legata, ma soprattutto per seguire da vicino questi progetti di solidarietà. Nella terra natale era tornata da un paio di settimane. Di solito ci andava sola. In questa occasione, però, l’aveva accompagnata anche il marito Enzo Canaletti, maresciallo dell’Esercito. Anche Canaletti partecipava attivamente ai gruppi di lavoro che cercavano di offrire un aiuto concreto agli stranieri. In particolare sottolineavano l’importanza di imparare la lingua italiana, la necessità di conoscere i diritti e doveri garantiti dalla Costituzione, l’importanza della mediaazione culturale soprattutto nel momento dell’accoglienza degli immigrati e l’urgenza di rafforzarne un’immagine positiva, al di là degli stereotipi. I loro nomi erano sulla lista dei passeggeri dell’Airbus scomparso dai radar. Ai telefoni fissi e ai cellulari lasciati come riferimento per chi voleva contattare l’a ssociazione nessuna risposta.
I due volontari lidensi a bordo del velivolo scomparso si stavano prodigando a favore delle baraccopoli di Rio de Janeiro
LIDO. Stavano tornando dal Brasile dopo un mese di duro lavoro: erano a bordo del volo AF 447 Rio de Janeiro-Parigi scomparso lunedì a 650 chilometri a nordest del’arcipelago di Fernando de Noronha, al largo delle coste del Brasile. Avevano sistemato un immobile per farne un centro di accoglienza per donne vittime di violenza e portato cibo e materiale di prima necessità alle famiglie più bisognose delle favelas Morro do Fubà e Caxangà, due delle zone più povere di Rio di Janeiro. «Perché - come ripetevano ai loro amici - qui la fame e la violenza non hanno mai fine». Due persone che l’amore aveva fatto incontrare dopo una vita segnata da alcune cicatrici e che avevano tanto amore da dare. Angela Cristina De Oliveira Silva ed Enzo Canaletti sembravano una cosa sola pur essendo così diversi. Lei, antimilitarista impegnata nel volontariato a difesa delle donne. Lui militare orgoglioso d’esserlo, primo maresciallo dei Lagunari, che per poter stare vicino alla famiglia aveva sempre rinunciato ad andare in missione all’estero. Una storia iniziata mezzo secolo fa a Sao Joao de Meriti, vicino a Rio, dove Cristina era nata e da cui era venuta via dopo essersi diplomata. A Venezia aveva trovato lavoro come «perito traduttore» in Tribunale: faceva da interprete nei processi con imputati che parlavano portoghese e traduceva documenti ufficiali. Si era anche iscritta alla facoltà di Giurisprudenza dell’U niversità di Ferrara e si era laureata con il massimo dei voti, frequentando poi, nel 2005 e 2006 un corso di Diritto dell’Unione europea e un master in criminologia con una tesi sulla violenza contro le donne. Lui era rimasto nell’esercito dopo la leva, prima a Padova, poi era passato nei Lagunari alla caserma Pepe del Lido di Venezia, dove aveva ottenuto un alloggio di servizio nell’ex telemetro di fronte all’aeroporto, poi alla caserma Bafile di Malcontenta. Erano attaccatissimi al Lido che avevano visto come un rifugio dopo essersi conosciuti a Forlì. «Lui aveva avuto un lutto da giovane - spiega un collega - mentre era in servizio a Padova. Una cosa di cui non aveva mai voluto parlare con nessuno». Lei invece era fuggita dalla dittatura brasiliana e dalle incursioni della polizia militare che avevano causato lutti tra i suoi parenti. Per questo, dopo essersi sistemati non si erano dimenticati dei più deboli e sfortunati. Cristina aveva fondato un centro di orientamento per donne straniere (Ciods) che aiutava anche traducendo i documenti burocratici d’immigrazione, insegnando l’i taliano e seguendo le pratiche per gli extracomunitari. Inoltre negli ultimi tempi aveva anche accolto alcune donne africane che avevano subìto violenze e che lei nascondeva al riparo dai loro aguzzini. Ma il primo pensiero era sempre per il Brasile: Enzo e Cristina, con un gruppo di amici, aveva organizzato una serie di mercatini della solidarietà che avevano trovato spazio, una volta al mese, in piazzale Bucintoro, davanti alla spiaggia del Blue Moon. I soldi raccolti non erano molti, ma lei riusciva anche a organizzare feste a tema e aiuti dalla Regione e dalla Municipalità del Lido. «Una parte dei fondi li usavamo per acquistare cibo a prezzo agevolato a Verona - spiega Sandro, uno degli animatori del mercatino - che poi distribuivamo alle famiglie extracomunitarie di Padova e Mestre. Un’altra parte, la maggiore, per aiuti alle famiglie con bambini delle favelas brasiliane». Il sistema più economico ed efficace per aiutarle era quello di acquistare direttamente in Brasile. Cristina aveva trovato un accordo per la fornitura di «pao frances» una pagnotta fatta con una ricetta locale e per prodotti per lo svezzamento dei neonati. Li acquistava a prezzo scontato e li distribuiva alle famiglie più in difficoltà. Quando erano in Brasile, per spendere meno, tenevano i contatti solo con la figlia Natalia, che dal Lido «girava» le notizie e le eventuali ulteriori richieste a tutti gli amici. Il progetto di questi anni era poter acquistare una casetta a poco prezzo in una favela per poterne fare un centro di aiuto per donne vittime di violenza. Anche questo viaggio si era concluso nel migliore dei modi: erano riusciti a ottimizzare i costi e dare tutti i soldi alle famiglie in difficoltà in un Paese dove intere comunità li aspettavano per potere tirare avanti. «L’ultimo messaggio - racconta una volontaria dei mercatini solidali - è stato “C’imbarchiamo per tornare a casa. Tutto bene”».
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