In occasione della
solenne cerimonia del passaggio di consegne al Reggimento Lagunari
“Serenissima”, tra il cedente Ten. Col. f. (lag.) Luigi Luigi Puce ed il
nuovo comandante subentrante Col. f. (lag.) Giovambattista D’Alessio, avvenuta venerdì
23 settembre scorso presso
la Caserma Matter di
Mestre, tra i vari ospiti, ho avuto modo d’incontrare Furio Lazzarini,
espressamente invitato dal Ten. Col. Puce. Probabilmente, l’amico Lazzarini
neanche avrebbe bisogno di tante presentazioni, trattandosi innanzitutto di
un nostro Lagunare, socio da sempre dell’A.L.T.A., oltre che personaggio
assai noto nel gotha internazionale del collezionismo di cimeli
storico-militari.
Inoltre è Direttore
responsabile del mensile a diffusione nazionale “Uniformi & Armi”, nonché
autore di centinaia di articoli (anche per altre testate, quali Raid, Storia
Militare, Diana Armi, Armi e Tiro…) e diversi libri e saggi a carattere
storico. Nel 1978 è stato Pilota natante alla Compagnia Trasporti del Btg
Mezzi Anfibi Sile, all’isola di Sant’Andrea prima ed alla base di Ca’ Vio
poi, dove ha concluso il proprio servizio di leva col grado di Sergente. Ha
organizzato più di venti mostre ed esposizioni su differenti tematiche
storiche (collaborando anche per quella che fu presentata
a compendio del 7° Raduno Nazionale
dell’A.L.T.A. a Jesolo Lido nel 2007) esponendo propri cimeli in qualificate
sedi
quali il Museo Correr a
Venezia, Villa Arvedi a Grezzana di Verona, Palazzo Moroni a Padova. In
quest’ultima sede allestì l’eccezionale mostra “Un vagone per
la Shoah – simboli dell’Olocausto” sul tema dei campi
di concentramento e sterminio nazisti, che fu inaugurata dallo stesso
Giorgio Napolitano e, dal quale, Lazzarini ha poi ottenuto il prestigioso
riconoscimento del titolo di Cavaliere della Repubblica in ragione dei suoi
meriti culturali.
La sua più recente
mostra risale invece al giugno scorso, su richiesta dal Gen. B. Enrico Pino
del Comando Esercito Zona “Veneto”, ideata e organizzata da Lazzarini
assieme all’arch. Nicola Pavan, presentata a Palazzo Camerini di Padova in
occasione delle celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia e intitolata
“4 maggio 1861, dall’Armata Sarda all’Esercito
Italiano”. All’incontro alla Matter, ho avuto modo di intrattenermi con lui
ed ho approfittato per proporgli una mini-intervista, a cui si è volentieri
prestato.
San Marco! A
cura del Lagunare Dino Doveri
Come e quando è scaturito il tuo interesse per le cose militari?
Sono nato nel 1958 a Venezia, ma il ramo
materno della mia famiglia è di Trieste e fu proprio nel capoluogo giuliano
dove mia nonna Rosa, nel
1963, mi regalò una pistola semiautomatica Steyr mod.
1912 appartenuta al padre sottufficiale nel regio-imperial Esercito
asburgico, e rinvenuta nascosta nel pozzo della sua casa di campagna durante
i lavori di restauro. Dopo quel primo cimelio, che tuttora conservo, non mi
sono più fermato. Ma mia nonna fece anche di più, influenzandomi con i suoi
racconti di vita vissuta, attraversando due guerre mondiali in quella
tormentata città di confine dove passarono un po’ tutti gli Eserciti, e dove
passò la Storia. Sempre a Trieste, da ragazzino ho avuto
anche modo di frequentare il prof. Diego De Henriquez, allora tra i più
famosi collezionisti mondiali di militaria, collega di lavoro di mia nonna,
che nonostante il suo carattere eccentrico e burbero manifestava una certa
simpatia per me, spiegandomi pazientemente storia e funzionamento di veicoli
e artiglierie. Potrei quindi affermare d’esser cresciuto a …pane, burro,
storia e cannoni!
Ma è nata prima la passione per il Collezionismo o per la Storia?
Mah, direi che si sono
sviluppate assieme. Man mano che trovavo cimeli ne approfondivo gli aspetti
tecnici e storici: ciascun reperto di un determinato periodo o evento,
rappresenta una piccola tessera della storia della propria epoca, di cui
continuerà ad essere testimonianza ed evocatore, similmente a quanto avviene
nell’archeologia classica, di cui questa rappresenta una nuova branca,
essendo già comunemente effettuate ricerche scientifiche sui campi di
battaglia, mediante scavi.
In che consistono e come sono composte le tue raccolte, per epoca,
tipologia…
Fino a qualche anno fa,
comprendevano cimeli di entrambi i conflitti mondiali, nell’arco temporale
compreso tra il 1914 ed il 1945 e i cimeli erano 170.000 per un complesso di
oltre 600 manichini perfettamente allestiti da testa a piedi.
Essendovi anche veicoli,
artiglierie, equipaggiamenti e attrezzature, la raccolta stava davvero
diventando ingestibile ed estremamente onerosa in termini di conservazione,
ed ho dovuto decidere di alienarne una parte rivolgendo il mio interesse al
tema della Grande guerra 1915-1918, sebbene siano sempre più difficili delle
nuove acquisizioni. Questo tema ora mi interessa molto, avendo in progetto,
con Francesco Calzavara Sindaco di Jesolo, un museo sulle battaglie del
Piave negli anni 1917-18, da realizzarsi a Cortellazzo nell’ex Caserma della
Guardia di Finanza che il Comune ha già acquisito e sta per restaurare.
Puoi ritornare a spiegare il significato di accumulare cimeli di guerra,
passione così inconsueta?
Una raccolta - pubblica
o privata che sia - ha la determinante funzione di salvare le memorie del
passato, da distruzione, dispersione ed oblio. Ma sai – Dino - vorrei
ricordarti che neppure è così inconsueta, come passione. Ha origini remote:
basti ricordare i carri dei legionari romani che rientravano dalle
spedizioni in Gallia, carichi di elmi, scudi, insegne…da esibire
orgogliosamente ad amici e familiari. Tradizione particolarmente
sviluppatasi in tempi moderni negli Stati Uniti e nelle culture
anglosassoni: deve ancora concludersi una battaglia, che già i trofei di
guerra sono esposti nei loro musei. Nel pieno del conflitto delle Isole
Falkland, ricordo che all’Imperial War Museum di Londra vidi esposta
l’uniforme del Comandante inglese, assieme ad armi e cimeli appena catturati
agli argentini a Port Stanley. Considera che anche oggigiorno, unità
dell’Esercito americano di stanza in Iraq e Afghanistan, operano per
riportare in madrepatria gli oggetti più rilevanti, per alimentare le
raccolte museali statunitensi! In Italia il fenomeno ha sfumature diverse:
di guerre non ne abbiamo poi vinte tante, e dopo
la Seconda, abbiamo anche
dovuto levarci di torno l’eredità del Fascismo. Tuttavia, secondo
attendibili stime, in Italia sono almeno 50.000 quanti raccolgono “militaria”
a vari livelli. E’ una passione che coinvolge le persone più disparate: noti
collezionisti, ad esempio, sono stati Giovanni Spadolini e Bettino Craxi,
legati al tema risorgimentale o all’epopea garibaldina. Craxi, quando ancora
Presidente del Consiglio, lo incontrai un paio di volte al “Borsino”,
mercatino domenicale ambrosiano. In tempi più recenti mi sono ritrovato con
Vittorio Emanuele IV di Savoia, noto collezionista di ordinanze ex-militari
e cultore di “militaria”. In occasione di una colazione di lavoro a
Peschiera del Garda, mi confidava di conservare alcune uniformi del nonno
Vittorio Emanuele III e del padre Umberto II, offrendosi a renderle
disponibili per mie eventuali mostre.
Ma potrei continuare
nell’elenco ricordando i veicoli ex militari di Panini (quello delle famose
figurine) o il carro armato Sherman del gioielliere Bulgari, e potrei anche
sorprenderti con altri insospettabili vip, ma è d’uopo la riservatezza! È
parecchio attivo il mercato degli scambi attraverso Internet, nei mercatini
o grandi fiere che attirano appassionati anche dall’estero. Poi, specie in
Veneto e Friuli, dove passò il fronte terrestre della Grande guerra,
esistono moltissimi “neo-recuperanti”, coloro che vanno alla ricerca di
cimeli direttamente sui campi di battaglia. Anche nelle nostre zone, ad
esempio, opera l’associazione “Il Piave 1915-1918” con sede a San Donà e di
cui sono presidente onorario, con oltre quattrocento appassionati della
ricerca col metaldetector.
Come giornalista hai diverse esperienze specifiche nel settore della
pubblicistica storica…
In effetti dagli anni
’80 collaboro con riviste italiane, francesi, inglesi, tedesche e di altri
Paesi ancora, per cui nel corso degli anni ho prodotto qualche centinaio tra
articoli e studi monotematici. Per l’editore Ermanno Albertelli di Parma,
dopo aver lavorato nella Redazione, rivesto il ruolo di Direttore
responsabile del mensile “Uniformi & Armi”, la prima rivista nazionale
dedicata all’argomento e fondata nel 1986.
All’attivo ho anche
alcuni lavori sulle fortificazioni costiere del veneziano, tra cui i libri
“Gli artigli del Leon” edito nel 1997, “La batteria Amalfi nella Grande
guerra” del 2006, “L’Amalfi racconta” del 2008.
L’ultima fatica
letteraria, che risale allo scorso giugno, è uno studio monotematico scritto
a quattromani con l’amico Andrea Spanghero di Gorizia e intitolato
“L’elmetto italiano della Seconda guerra mondiale”.
Ma so del tuo interesse per le fortificazioni costiere che ancora esistono
nel territorio dove vivi
Certamente, come a tutto
ciò che appartiene alla storia militare. Sul Litorale del Cavallino, dove
vivo e lavoro nel ramo turistico-commerciale, esiste una tra le maggiori
concentrazioni europee di forti, batterie costiere, caserme, torri
telemetriche, polveriere, bunker… risalenti all’ampio arco temporale che
spazia della metà dell’800 fino all’ultima guerra mondiale. Ho fondato e
presieduto l’associazione senza fini di lucro “Forti e musei della costa”
che si occupa della valorizzazione e del recupero di questo singolare
patrimonio architettonico. Sui forti ho poi organizzato cicli di visite
guidate per diversi gruppi.
Inoltre associazioni
d’Arma, ex-combattenti, ed anche personaggi della politica veneta e
nazionale quali Giancarlo Galan, Luca Zaia, Massimo Cacciari, Renato Chisso,
Marino Finozzi… ed ho curato conferenze, convegni, educational formativi e
seminari sul tema.
Penso che questi forti
rappresentino un’interessantissima unicità di Cavallino-Treporti, e che,
allorquando recuperati e resi fruibili, potranno costituire il volano per il
turismo storico-culturale, complementare e alternativo a quello che già
insiste nell’area, attualmente già ben sviluppato con oltre sei milioni di
presenze turistiche, ma legato alla sola balneazione estiva.
Tornando alla collezione, qual’é l’oggetto cui tieni maggiormente, il più
raro, o quello che consideri di maggior valore?
Non è facile sceglierne
uno, e mi è più spontaneo risponderti che conferisco ugual significato agli
scarponi in cartone della ritirata del Don, alla pagnotta fossilizzata
rinvenuta in una trincea sul Piave, all’immagine sacra dipinta sul pettorale
di una corazza Farina recuperata in Carnia, così come alla decorazione d’oro
appartenuta a questo o all’altro eroe di guerra. Certo, se intendi riferirti
al valore venale, conservo anche qualche oggetto molto raro, se non unico.
Ma preferisco tornare al vero valore, quello storico, che per me resta
sempre inestimabile.
Il tuo è un collezionismo fine a se stesso, o che cos’altro?
Provocatoria la tua
domanda, che si rifà forse allo stereotipo del collezionista gelosissimo,
appagato nell’ammirare le proprie raccolte o nell’esibirle nella ristretta
cerchia degli appassionati, per suscitarne invidia e ammirazione. Io proprio
no, detesto questo stereotipo considerandolo assolutamente sterile,
misantropico! Ritengo invece che il collezionismo debba rappresentare uno
stimolo creativo per aprire nuovi orizzonti, accendere contatti e nuove
amicizie, confrontare le proprie esperienze e renderle fruibili agli altri.
Cosa intendi dire con …”rendere fruibile agli altri”?
Esistono tanti modi per
condividere le proprie conoscenze, in primis attraverso la pubblicazione di
studi e ricerche, ma a me stimola e piace l’immediatezza delle mostre
tematiche, ove mi raffronto direttamente col pubblico ed il suo giudizio.
Queste mostre hanno poi un’importante funzione didattica, e rappresentano
dei mezzi che spronano la curiosità prima, e l’approfondimento storico dopo.
Mostre con quali soggetti?
Mi sono occupato di
svariati argomenti, sempre a carattere storico e tecnico-militare, spaziando
su entrambi i conflitti mondiali, e con un excursus sul Risorgimento. Dopo
la prima, in Noventa di Piave nel 1988, ho allestito una ventina di mostre
di una certa importanza, anche in sedi autorevoli quali il Museo Correr, la
Fortezza Medicea, Villa Arvedi, Palazzo Moroni, Palazzo Camerini…
E quale è stata la mostra a te più cara?
Senz’altro la mostra “Un
vagone per la Shoah – simboli
dell’Olocausto” presentata a Palazzo Moroni a Padova nel gennaio-febbraio
2006, concertata col sindaco Flavio Zanonato.
Mi è costata due anni di
preparazione, avendo in mente un’innovativa proposta d’allestimento e
lavorando su un tema delicatissimo e per me allora poco conosciuto: i cimeli
dei campi di concentramento, spesso commoventi effetti personali, ne
rievocano con enorme forza le sofferenze e gli orrori. E’ già pesante il
“contatto fisico” con tali reperti appartenuti alle vittime, che provocano
una certa emozione. Per questa mostra, per cui predisposi un impianto
didattico-didascalico curato e complesso, ma assai apprezzato dallo stesso
presidente della Comunità ebraica di Padova, ing. Davide Romanin Jacur, ho
poi ottenuto l’approvazione del Presidente Giorgio Napolitano che,
accompagnato dalla moglie signora Clio, venne ad inaugurare tale mostra e
per cui curai la visita guidata, e che intese poi conferirmi il
riconoscimento di Cavaliere della Repubblica per meriti culturali.
Nuovi progetti in vista?
Beh – Dino - come sai
certamente fermo non so stare! Il progetto più ambizioso e su cui
attualmente sto lavorando è quello per il Museo storico a Jesolo-Cortellazzo,
dedicato alla Prima guerra mondiale e più nello specifico alle sanguinose
battaglie che si svolsero sul fronte del Basso Piave (Battaglia del
Solstizio, Battaglia dell’Isola della Piave) anche per dare una “fissa
dimora” ai cimeli che amorevolmente ho raccolto,
sperando possano costituire delle
preziose testimonianze del passato e lasciandoli idealmente come mia
“eredità” alle generazioni che verranno! Ma passando a cose più immediate,
sto predisponendo un prossimo articolo per il mensile che dirigo, e che
parlerà del basco verde da poco in dotazione ai Lagunari: inizialmente avevo
talune perplessità e riserve a sostituire il mio “vecchio” basco nero,
essendo conservatore e tradizionalista, ma comprendendone le giuste
motivazioni, rivolte a distinguere opportunamente i Lagunari, ho subito
rivisto la mia originaria posizione.
Per quanto attiene questo museo di
Jesolo-Cortellazzo sulla Grande Guerra, prevedi che sarà effettivamente
portato a termine e se si, quando ne prevedi l'inaugurazione? In altre
parole, ne confermi la reale costituzione?
Quando si lavora con le
Amministrazione pubbliche – come sai meglio di me, Dino – le tempistiche
rappresentano sempre un’incognita! Posso però confermarti che stiamo
lavorando sul progetto da almeno tre anni e per tale finalità, dal Sindaco
Francesco Calzavara, ho avuto un mandato ufficiale nell’agire in nome e per
conto del Comune di Jesolo, anche nei rapporti coi partner coinvolti, la
Regione del Veneto e la Provincia di Venezia, la Comunità europea,
l’Università Ca’ Foscari e, non ultimo, l’Esercito italiano. Abbiamo
costituito anche un gruppo di lavoro, con Lucas Pavanetto, Luigi Berbenni e
Otello Bergamo assessore ai Lavori Pubblici, ma inoltre ho personalmente
illustrato il progetto alla Giunta comunale jesolana, incluse le stesse
opposizioni che, unanimemente, ne hanno condiviso i contenuti dichiarandosi
entusiasti e impegnandosi a portare avanti la cosa. Purtroppo… Calzavara sta
ora concludendo il suo secondo mandato come Sindaco, ed è già apertissima la
“lotta di successione” mentre le conseguenti tensioni politiche e “giochi di
potere” hanno influito e stanno rallentando anche questo nostro progetto!
Vedremo come si evolverà la questione, posso solo attenderne gli sviluppi,
ma al momento posso confermarti che il Comune ha già acquisito, in
concessione ventennale dal Demanio dello Stato, l’immobile destinato a
museo, trattandosi dell’ex caserma della Guardia di Finanza di Cortellazzo,
e per cui l’Ufficio tecnico ha elaborato il relativo progetto edilizio, ma
inoltre il Comune di Jesolo ha approvato e stanziato un primo finanziamento
di 1,2 milioni di euro dal proprio bilancio, affidandolo a “Jesolo
Patrimoni”, la Società che si occupa dell’edilizia pubblica.
E …dulcis in fundo, durante il servizio militare di leva eri Lagunare in
forza al Btg. Mezzi Anfibi “Sile”, a Sant’Andrea e Ca’ Vio: cosa ti resta di
quel periodo?
Per tanti il servizio
militare nell’Esercito rientra tra i momenti più belli e intensi della vita,
ed io non costituisco certo un’eccezione: sarà forse per gli spensierati
vent’anni, quelli che ti arrivano una volta sola nella vita, ma quei dodici
mesi in divisa mi hanno insegnato anche a relazionarmi coi miei coetanei e
commilitoni, a rispettare ruoli, gerarchie e istituzioni, a svolgervi
esperienze uniche, a credere in valori e ideali che mi hanno profondamente
ispirato e maturato, e sono stati determinanti negli anni a venire. Ed è
stato un vero onore il poter svolgere il mio servizio di leva nei Lagunari,
gli stessi reparti d’elite che oggi vedo impegnati nelle varie missioni di
peace-keeping in giro per il mondo, a rappresentare l’Italia migliore, con
umanità e professionalità! In quest’ultimo appuntamento alla Matter, tra
tanti “vecchi” Amici, Ufficiali, Sottufficiali e Lagunari, ho anche provato
l’emozione di incontrare Guido Spanghero da Monfalcone, allora ufficiale
alla base di Ca’ Vio e che non
rivedevo dal lontano 1978, ma di cui ho sempre ricordato la serietà, calma,
sicurezza e determinazione in quello che allora era il suo lavoro, e che per
me ha poi costituito un esempio, anche se magari il diretto interessato lo
scoprirà solo adesso, leggendo questa intervista che voglio concludere
salutando i miei ex-commilitoni e tutti i Lagunari. San Marco!