operazione dimonios
Nelle giornate del 26-27
e 28 settembre scorso, nel territorio del comune di Valbrona(CO), si è
svolto l’evento di Hard Soft Air denominato Operazione Dimonios,
organizzato dallo Zarruele SAT con la collaborazione dell’Associazione
Lagunari Truppe Anfibie della sezione di Bergamo.
L’esercizio
militare/sportivo della durata continuativa di 24 ore, ha visto la
partecipazione nei differenti ruoli di circa 200 persone provenienti da
diverse parti d’Italia. L’attività è stata estremamente complessa e
difficile per i partecipanti e per l’organizzazione, sia per la vastità
e l’orografia del territorio, sia per la presenza per la prima volta in
questo tipo eventi, di ben quattro tipologie di concorrenti aventi per
ognuna di esse un ordine di missione differente. Si avevano infatti
operatori nella veste di forze italiane dislocate in Afghanistan, di
forze speciali russe, di mercenari al soldo della mafia russa e di forze
speciali da ricognizione italiane oltre ovviamente a figuranti nella
veste di insorgenti talebani.
L’attività è iniziata
alle ore 10:00 AM di sabato 28 ed è terminata alle ore 10:00AM di
domenica 29 senza incidenti di rilievo. Nel corso della mattinata di
domenica, ha avuto poi luogo la consegna delle targhe e dei
riconoscimenti di partecipazione oltre ad un sostanzioso buffet. Abbiamo
avuto inoltre il piacere e l’onore di avere con noi l’amministrazione
comunale di Valbrona con la presenza del Sindaco, del vice Sindaco e di
alcuni Assessori oltre al Comandante della Stazione Carabinieri di Asso
(CO) competente per territorio.
Come sempre nello
spirito di questi eventi, tra i partecipanti non esistono vincitori o
vinti, primi o ultimi, ma ognuno partecipa conscio delle proprie forze e
delle proprie conoscenze, misurandosi solo con se stesso durante in
questo caso 24 difficili e dure ore.
Lagunare Gianni A. Mimo (Frog)
Di seguito la
descrizione del tema dell’operazione
BACKGROUND
operazione DIMONIOS di Daniele Rocca “Il Dani”
In un centro
sperimentale delle forze armate russe, è in atto il test di un moderno
prototipo di velivolo senza pilota da ricognizione e combattimento
(UCAV). Durante le fasi del volo però qualcosa va storto e gli ingegneri
perdono ogni contatto con il velivolo. Dopo più di un ora di frenetico
lavoro informatico il personale riesce a rintracciare per alcuni brevi
istanti il drone che misteriosamente non solo è ancora in volo, ma
sembrerebbe aver invertito la sua rotta ed essere oramai sopra i cieli
dell’Afghanistan. Nel tentativo di riprendere il controllo il complesso
mezzo non riconosce i codici degli scienziati, e come fosse davanti a un
tentativo di intrusione informatica, entra in SAFE MODE. Il velivolo
quindi come da procedura, disconnette qualsiasi controllo remoto e tenta
autonomamente un atterraggio di fortuna.
La mafia russa
“Fratellanza di Solncevo” è
riuscita nell’intento di corrompere scienziati e alti vertici della
sezione sperimentale della difesa russa, venendo così a conoscenza dello
sviluppo oramai in fase avanzata, di un velivolo estremamente
tecnologico, decide perciò
di sabotare uno dei test dirottando il mezzo verso l’Afghanistan, dove
potrà essere smontato in aree più tranquille e meno controllabili, i
suoi componenti più preziosi potranno poi essere venduti al miglior
offerente. Durante le fasi finali della criminosa operazione però il
tentativo di riprendere il controllo da parte dei russi manda in SAFE
MODE il drone che senza controllo, finisce per schiantarsi in una delle
aree più pericolose del pianeta: le catene montuose roccaforte di bande
talebane, le quali resistono imperturbabili agli attacchi delle forze
NATO.
Per loro fortuna, la fratellanza può contare sull’appoggio di alcuni
capi tribù locali, clienti di vecchia data nel traffico clandestino di
armi, ad uno di questi viene commissionato il rintracciamento del
relitto e il furto del suo componente più prezioso. Con sorprendente
velocità il capo villaggio conferma la riuscita della sua missione.
Vista la particolarità
geo-politica del territorio, lacerato da continui conflitti fra forze
NATO e terroristi islamici, e per il timore di una prevedibile reazione
da parte di forze speciali russe, l’organizzazione mafiosa commissiona a
un manipolo di mercenari di recarsi con le cautele del caso in
Afghanistan ad incontrare il capo tribù che gli consegnerà il prezioso
frutto del dirottamento. Sarà inoltre indispensabile effettuare piccole
azioni di sabotaggio al fine di rallentare e depistare l’Esercito
Italiano che pattuglia la zona e che potrebbe aver fiutato strani
movimenti, tutto questo allo scopo di facilitare la loro fuoriuscita
dalla zona a recupero effettuato. Le loro azioni che saranno poi
rivendicate dai Talebani, serviranno a dare maggiore visibilità alla
tribù sul territorio ripagandola del recupero del materiale richiesto.
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Un velivolo senza
controllo difficilmente sceglierà autonomamente di cambiare rotta e
dirigersi verso un paese canaglia, appare quindi evidente che si tratti
di un sabotaggio, ma messo in atto da chi?
Trovare una risposta però non è la priorità della difesa russa,
difficilmente potrebbe giustificare la presenza di un suo velivolo in
una zona così delicata per gli equilibri politici mondiali, soprattutto
alla luce dei recenti avvenimenti in Ucraina.
Inoltre sul mezzo è presente tecnologia segreta costata anni di
sviluppo, sarebbe un disastro se tali informazioni cadessero nelle mani
sbagliate. Squadre di forze speciali vengono perciò infiltrate nel
territorio afghano allo scopo di recuperare la preziosa tecnologia e poi
distruggere il velivolo cancellando ogni imbarazzante traccia, non senza
però aver prima rallentato e depistato le forze NATO che pattugliano la
zona. Queste squadre opereranno in aree dove la supremazia delle tribù
talebane è totale, dove gli eserciti occidentali pattugliano
incessantemente le strade nel vano tentativo di ristabilire il controllo
e dove aspri scontri sono la routine. Difficilmente inoltre l’incidente
sarà passato inosservato alle forze
stesse NATO, presumibilmente allertate e in convergenza verso la
zona del probabile atterraggio.
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Infatti le forze
italiane dell’ISAF sono già presenti sul territorio in missione di
peacekeeping, malgrado nei grossi centri abitati e nelle pianure il loro
pattugliamento intensivo riesca a ristabilire un delicato equilibrio e
parvenza di democrazia, le montagne rimangono ancora una impenetrabile
roccaforte talebana dove persino i potenti eserciti occidentali non
osano avventurarsi.
A sconvolgere la già
delicata situazione, giungono poi strane voci e testimonianze fra la
popolazione, che per lo più in un apparente delirio mistico misto a
superstizione, cominciano a raccontare dello spaventoso avvistamento di
un “diavolo volante”, di una luce nel cielo e di altri presagi di
cattiva sventura caduti misteriosamente sui monti. Queste fantasiose
storie raggiungono in poco tempo internet, dove siti di complottisti,
seguiti a ruota dai media ufficiali, cominciano a delirare sulla
presenza di Ufo ed Alieni.
Messa alle strette
dall’opinione pubblica, la NATO effettua dei controlli più approfonditi
sui tracciati radar corrispondenti all’avvistamento e sorprendentemente,
rileva che un oggetto di modeste dimensioni che viaggiava ad una
velocità di 800 km/h è andato a schiantarsi in una zona montagnosa.
Visto l’infittirsi del mistero, i militari italiani, che pattugliano la
zona vengono quindi incaricati di risalire (con le cautele del caso) le
impervie colline allo scopo di verificare eventuali anomalie in un
territorio che è però sotto il dominio incontrastato di estremisti
islamici. Malgrado la riluttanza a rischiare vite umane per inseguire
quelle che potrebbero essere solo un mucchio di dicerie, o al massimo il
risultato di qualche scaramuccia intertribale, l’Esercito Italiano si
appresta a compiere il suo dovere e a prendere previa l’installazione di
checkpoint e punti logistici
il controllo della zona interessata dall’indagine.
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Mentre ai militari
presenti sul territorio tutto ciò sembra una grossa perdita di tempo e
un rischio non giustificato, di altro avviso sono i vertici della difesa
italiana. Hanno il sospetto che ci sia sotto qualcosa di grosso,
qualcosa che sarebbe opportuno conoscere per primi, al di fuori della
missione ufficiale assegnata dalla NATO, qualcosa da cui la nostra
difesa potrebbe trarre vantaggio economico e tattico. Decidono quindi di
inviare alcune pattuglie di forze speciali in una missione segreta e
assolutamente non ufficialmente autorizzata, per cercare di capirne di
più sulla vicenda prima dell’arrivo dell’esercito regolare.
Approfitteranno inoltre per far luce su alcuni ipotetici
incontri segreti tra italiani e ribelli, e dovranno localizzare
un eventuale insediamento ribelle talebano e/o deposito di armi. La
difficoltà maggiore della loro missione, sarà però nel fatto che il
territorio verrà lentamente preso sotto controllo dalle forze regolari
italiane, che ovviamente sono all’oscuro della missione e sotto
tensione. Sarà quindi imperativo per i teams di ricognizione evitare di
farsi avvistare dai compagni, grave sarà infatti il rischio di incappare
in un fuoco amico. Nel malaugurato caso questo accadesse, sarà
inevitabile l’incidente diplomatico gli alti vertici negherebbero tutto,
le sorti della pattuglia in missione segreta sarebbero quindi incognite
se non nefaste, un drastico insabbiamento potrebbe infatti essere la via
più rapida per risolvere il problema.