VIVO O
MORTO, 20.000 CORONE DI TAGLIA PER IL TENENTE DI VASCELLO PILOTA EUGENIO
CASAGRANDE
Casagrande si offre volontario proponendo di andare, in pieno giorno a
recuperare due nostri informatori dietro le linee nemiche
Ottobre 1918. Tempo pessimo e mare grosso. Per due notti, il 3 e l'8 di
quel mese, è stato tentato senza successo, davanti a Parenzo, in Istria,
il recupero con un MAS di una coppia di informatori italiani attivi dietro le linee
austro-ungariche. Hanno scoperto cose importanti, ma il controspionaggio
asburgico non dorme e i nostri sanno di essere braccati. L'ultimo
piccione viaggiatore che è arrivato recava un messaggio molto chiaro.
Si tenta di portarli indietro con un piccolo idrovolante Macchi L.3
pilotato dal tenente di vascello
Eugenio Casagrande, comandante della
253ª Squadriglia e specialista in missioni del genere, con
all'attivo una dozzina di voli e ammarraggi notturni nella laguna. Il 20
e il 21 si incomincia trasportando oltre le linee due coppie di
operatori allo scopo di preparare l'esfiltrazione. L'aereo è avvistato
in occasione del secondo volo e preso a cannonate, sia austro-ungariche
sia nostre. Di notte, si sa, tutti i gatti son bigi e le missioni sono
coperte dal massimo segreto.
Il controspionaggio austriaco, il celebre Evidenzbureau, ha ormai
un quadro sufficientemente chiaro delle modalità di queste operazioni in
corso sin da giugno e sa persino il nome del pilota. Un manifesto con
una taglia sul suo capo è affisso, in perfetto stile western, sui
muri delle case del Veneto e del Friuli con il nome di quel pilota
solitario, costretto a fare tutto da solo, a partire dall'avvio
dell'elica a forza di braccia, perché non c'è spazio per il secondo
elemento dell'equipaggio, ma solo per i passeggeri, pigiati uno sopra
l'altro.
Il 28 ottobre l'impresa è tentata e fallisce. Il maltempo non aiuta e
gli informatori, rintracciati in precedenza da una delle due squadre di
soccorso italiane, hanno dovuto allontanarsi dal punto convenuto le cui
caratteristiche, ormai standardizzate, sono state individuate per tempo
dal nemico, il quale ha eseguito subito dopo un pesante rastrellamento.
Il 29 un altro piccione arriva oltre il Piave; l'altro – con una copia
del messaggio cifrato – è stato probabilmente abbattuto dalla fucileria
austriaca. Naturalmente il modesto codice a disposizione degli
informatori non è destinato a resistere a lungo sotto l'analisi
crittografica dell'Evidenzbureau. I nostri sono nella palude di
Villaviera, braccati anche coi cani e in procinto di essere presi.
Casagrande si offre volontario proponendo una pazzia bella e buona:
andare di giorno, affinché lo si possa avvistare e raggiungere anche
senza un appuntamento preciso. Ne va della sua vita visto che la taglia,
ben nota anche di qua del Piave, dice che la somma sarà pagata anche per
il semplice cadavere di quel marinaio aviatore. Ci sono però altri
spettri che emergono dalla nebbia di quei giorni d'autunno:
Nazario Sauro, Cesare Battisti, Fabio Filzi e Francesco Rismondo,
tutti impiccati. È la stessa sorte che attende quei due nascosti da
settimane nel fango e tra i canneti.
Il primo ammarraggio avviene all'alba. I fuggiaschi lo vedono, ma lo
avvistano pure gli austriaci che prendono l'idro a fucilate. L'aereo è
colpito, ma non in parti vitali; solo buchi nella tela che, per fortuna,
non si strappa. L'aereo decolla e sembra salvarsi. Per gli informatori è
finita. E invece no. L'L.3 torna, plana e ammara a motore spento. La
sorpresa è sfruttata al massimo. Il pilota avrà due, forse tre minuti.
Chi arriverà prima? Gli uni o gli altri? La mano di Casagrande è sulla
pistola e a un certo punto si alza e prende la mira perché sono tre le
ombre, infangate e irriconoscibili, che arrivano correndo e inciampando,
ma non ci sono spari. La parola d'ordine è quella giusta, gridata con
tutto il fiato da quegli spettri magri e luridi.
Che cosa è successo? I due informatori, il capitano
Paoletti e il tenente
Bertozzi del Regio
Esercito, hanno portato con sé un cavalleggero preso prigioniero a
Caporetto, fuggito e che divide da settimane la loro vita infernale. Non
c'è spazio per tutti sull'idrovolante. I due informatori contano,
l'altro no. Si sente, vicino, il latrare dei cani attraverso la nebbia.
Non c'è tempo per scambiarsi uno sguardo. Tutti a bordo. Il peso è
troppo e già gli austriaci sono in vista e stanno arrivando.
Accovacciato sulle ginocchia di Bertozzi, Casagrande dà gas. L'aereo
flotta lentamente, ma non decolla, non può. E' troppo pesante e il
manuale tecnico parla chiaro: peso massimo al decollo 1350
chilogrammi, non una tonnellata e mezzo. Grida da terra, se si può
chiamare terra la riva della laguna.
Il volantino è tirato lentamente verso il petto del pilota. Molto
lentamente. Lo scafo di legno morde l'acqua che non lo molla. Fa freddo
quella mattina, tanto freddo e c'è un po'di vento. Giusto una bava che
sfilaccia appena la nebbia, ma gli anni all'Accademia di Livorno, corso
1911, capoclasse Giuseppe
Fioravanzo, sono serviti, al pari delle ore e ore passate sulle
jole da regata e sul vecchio Flavio Gioia, nave scuola di un
maestro del vento, il capitano di fregata
Leoniero Galleani.
Controvento l'idro corre mentre fischiano i primi colpi e fende l'acqua.
Si stacca, ricade, vola. E' grottesco. Una vera anatra alla ricerca
disperata del nido dove deporre le uova. Il motore Isotta Fraschini da
150 cavalli, quelli di una motocicletta di oggi, canta. A bordo,
ricorderà uno dei presenti, si sente un'Ave Maria, Gratia plena.
Un'ora dopo sono a Venezia, il più grande idroscalo del mondo e la base
dell'Aviazione navale della Regia Marina. La Medaglia d'Oro sarà
assegnata, motu proprio, dal Re al tenente di vascello Eugenio
Casagrande l'11 novembre 1918. Tredici giorni per la pratica. È un altro
record.
di Enrico CernuschiContenuto pagina
Fonte Marina Militare Italiana
Questo articolo, oltre a raccontare un interessante episodio, ci
permette d'osservare delle inedite immagini di quello che era
l'idroscalo delle Vignole durante la
Grande Guerra. Base divenuta in futuro
cara a tutti i Lagunari perché oggi sede della caserma "Miraglia" o
Sant'Andrea.