Kabul-Roma di Andrea Angeli
Per capire di cosa si tratta, ovviamente, dovete leggerlo. Qui vi diamo
solo una anticipazione di quanto ha scritto Bernardo Valli, nella
prefazione. Parole che ritraggono bene l’autore e la sobria classe che
lo accompagna dai teatri più difficili del pianeta a Roma.
Andrea Angeli si muove
nei conflitti armati come un ospite educato e di riguardo nei
ricevimenti della buona società. Non ricordo bene se l’ho incontrato per
la prima volta a Sarajevo, quando i serbi la bombardavano o la tenevano
sotto il tiro dei cecchini, o su una strada di Nassiriya quando i
soldati di Saddam continuavano col terrorismo la guerra che avevano
appena perduto. Negli anni successivi, con garbati messaggi, ha offerto
di ospitarmi, a nome di chi lo impegnava al momento, in luoghi ameni
come l’Afghanistan. E l’ha fatto come se mi invitasse a Montecarlo o a
Cortina. D’altronde le sue chiamate non hanno bisogno di molte
spiegazioni, se si fà vivo puoi star certo che la storia notevole da
raccontare dalle sue parti c’è (mi viene in mente un pattugliamento a
piedi nel cuore della notte tra le viuzze di Nassiriya con i suoi amici
ufficiali carabinieri paracadutisti Leso e Burgio).
Penso
che Angeli riesca a conciliare due virtù non sempre affiancabili: più
che la gentilezza direi il garbo e l’affidabilità più ancora del
coraggio, che può essere grezzo. Su di lui, insomma, si può contare.
Capita
di imbattersi in lui, in Italia, quando è in attesa di una missione o
riprende il fiato con una vacanza nel corso di una missione pesante. E
si ha spesso l’impressione che non arrivi da Herat o da Mogadiscio ma da
un torneo di tennis a Southampton. Vorrei sorprenderlo almeno una volta
con una camicia o con un paio di pantaloni che non siano quelli giusti.
Quel che mi stupisce è soprattutto il fatto che non si comporta mai da
reduce. Non si dilunga in racconti di guerra, né si sofferma sulle sue
vicende personali. I suoi libri assomigliano alle cronache di un
(sempre giovane e stravagante) gentiluomo che gira il mondo preferendo
ai luoghi balneari alla moda le contrade pericolose. In cui lui spicca
perché di solito è il solo civile in un mare di tute mimetiche, ed è
anche il solo a non essere armato. Forse capita che abbia la cravatta.
Quello
stile, insieme all’esperienza di teatri infuocati – utilissima di questi
tempi – lo ha portato al ministero degli Esteri col suo illustre collega
senior Staffan de Mistura. Una ventata di aria fresca e idee allargate
nella vetuste stanze della Farnesina. E non è forse un caso che a
occuparsi di una vicenda tanto spinosa quale quella dei marò – sei
giorni dopo, quando i danni erano già stati fatti – siano stati chiamati
due stranieri in patria delle Nazioni Unite. Tanti hanno pontificato
sulla questione, guardandosi però bene dal metterci le mani (tantomeno
la faccia).
Nel
capitolo IV di questo libro Andrea Angeli evita di dare troppa
importanza a quel che fa. Non è modestia. Lui non è modesto. E’ nel suo
carattere considerare il lavoro che fa una normale occupazione. Non che
abbia pensato di farlo quando era un adolescente, come capita a un
medico o a un avvocato, e quindi si senta adesso appagato. La
professione del polad, del political advisor, non rientrava nei sogni di
un ragazzo quando Andrea portava i calzoni corti.
Un polad
come lui ha una posizione particolare nei corpi di spedizione. Non è una
condizione necessariamente prestigiosa, né particolarmente
ambita, sottolinea Angeli. Ma riconosce che ha un suo fascino. Il
political advisor assiste il comandante del contingente militare al
quale è stato assegnato, nei principali temi di carattere civile e
diplomatico che investono la missione.
E’ un
incarico tipicamente anglosassone che i militari italiani hanno adottato
più tardi. Penso che la natura asimmetrica dei conflitti attuali l’abbia
reso indispensabile. E sia tale nelle missioni dell’ONU, in cui i
rapporti con la società del paese in cui i caschi blu operano, sono
essenziali. Si intende per conflitto asimmetrico quello che mette a
confronto un esercito tradizionale a un movimento irregolare ispirato da
motivazioni politiche, ideologiche legate alla storia e alla società del
paese. Il political advisor ha anche il compito di rendere decifrabile
ai militari quel mondo. Non sarà un’attività prestigiosa, come dice
Andrea Angeli, evitando di prendersi troppo sul serio, ma è certamente
intelligente, Come lo è questo libro, che tratta argomenti pesanti
con elegante leggerezza.
Per gentile concessione Classtravel.it