Un'inedita fotografia
della "Delta 2016"
Spettabile Redazione,
ho scorso la raccolta delle fotografie riguardanti l’esercitazione
DELTA 2016.
Come spesso accade, mancano quelle che ritraggono momenti particolari
delle fasi tattiche vere e proprie. Dovremmo poter disporre di Combat
camera per averne qualcuna.
E anche se così fosse, alcuni momenti non sarebbero mai comunque
rappresentati: quelli che hanno luogo in località remote, nel cuore
della notte, nel corso di missioni “discrete”.
Una di queste immagini la voglio proporre io. Sfortunatamente, i più non
potranno osservarla con gli occhi ma ci sono lagunari che riusciranno a
materializzarla con la mente ...e con il cuore.
San Marco!
Alberto
Esercitazione “DELTA
2016” – Una notte particolare
L’imprevedibile ruota della vita mi ha concesso il
privilegio di essere ancora una volta con loro, gli esploratori anfibi.
La missione è semplice: terminata la fase tattica
dell’operazione anfibia condotta dal reggimento, recuperare la coppia di
Recon incaricata di osservare uno specifico obiettivo presso la foce del
fiume.
Detto così, il tutto potrebbe essere svolto come un
semplice evento di routine. Potrebbe.
Con Simba alla guida dello Zodiac, ci lasciamo la
Centrale alle spalle e scendiamo lungo il Po di Pila. Sembra di navigare
su uno specchio striato di scuro, tanto è l’effetto della luna, velata
da nubi di diverso spessore, sull’acqua. L’unico rumore è quello del
fuoribordo. Poco lontano dalla foce, i gesti si fanno automatici.
Procediamo con l’estrazione. Rivolgiamo il segnale luminoso, convenuto
giorni orsono, verso l’area in cui dovrebbero essere i nostri ragazzi.
Oltre la striscia di sabbia, che caratterizza questa parte terminale
della riva destra, tra il buio della vegetazione, la corretta sequenza
di lampi di un determinato colore ci dicono che è così. Sono loro e non
è un’imboscata. Dirigiamo in quella direzione. Il gommone tocca la
sabbia, prendo terra e guardo verso la linea scura della vegetazione.
Quasi istantaneamente, due ombre si materializzano, come dal nulla.
Ghillie suit e cappelli
flosci da tiratori scelti, enormi zaini che ne modificano le sagome,
armi imbracciate e pronte. Il passo è quello misurato di chi è
addestrato a operare in ambiente ostile. Non una sola parola è
pronunciata. Il contatto non necessita formule articolate. Non sono in
grado di riconoscerli, non so chi è stato infiltrato in quell’area. Ma
loro riconoscono me. I nostri sguardi s’incrociano: «Sei proprio tu?»
«Sì, sono io. Siamo noi.» Anche al rientro c’è solo il rumore del motore
a disturbare la notte. Da prua, per un attimo, volgo lo guardo indietro:
Simba alla guida, Abyss e Rock accovacciati, sorvegliano il proprio
settore, vigili. Come gli abbiamo insegnato.
É come se, per un attimo, fossi ancora al comando
del team e volessi assicurarmi che è tutto in ordine. Come se questo non
fosse solo un movimento “amministrativo”, fuori dal contesto tattico
vero e proprio. Un osservatore esterno avrebbe notato che nessuno di noi
quattro l’ha vissuto come tale. “Train
as you fight” recita un motto anglosassone in uso presso il
plotone Recon. Quell’unità del reggimento in grado di esprimere lagunari
come questi. Ragazzi eccezionali. Il Col. Stecca, Comandante di
reggimento, non poteva usare termine più appropriato. Lagunari in grado
di operare in coppia, nell’isolamento operativo più assoluto. Quello che
obbliga a muovere nel difficile ambiente anfibio e ti costringe a
decidere, in piena autonomia, senza nemmeno l’illusorio conforto di una
voce amica dall’altro capo della radio, di attraversare un grosso fiume,
di notte, per assolvere il compito assegnato.
L’evento descritto è durato in tutto una manciata di
minuti e ha lasciato questa fotografia ideale che porterò sempre con me.
Non è solo un’immagine, è l’orgoglio di aver contribuito, almeno in
parte, a formare ragazzi così. Sono fiero di loro.
Buona caccia, Recon!
Alberto Mantovani