ARDITI, 100 ANNI DI
COMBATTIMENTO MADE IN ITALY
Il 2017 è il Centenario della nascita degli
Arditi!. Un metodo di combattimento invidiato da tutto il mondo. Antonio
Merendoni esperto di combattimento all'arma bianca li ha studiati e
mercoledì u.s. ne ha descritto la storia e le letali potenzialità in una
conferenza organizzata dai Lagunari di Venezia presso la Caserma Mater
di Mestre. Un modo semplice e diretto per farli conoscere nei
particolari. Storia e tecnica sono materie affascinanti, ma soprattutto
la trasmissione della conoscenza aiuta e stimola a trovare nuove
soluzioni. Il colonnello Massimiliano Stecca apre l'intervento
ricordando il Centenario e l'importanza degli Arditi. La platea,
composta da militari esperti di combattimento individuale come ad
esempio il capitano Pansini ed esperti civili del corpo a corpo all'arma
bianca come Sandro Martinelli, segue con interesse.
100 anni di combattimento
Made in Italy!
Antonio Merendoni da studioso e istruttore del sistema scrima (scherma,
armi da taglio e punta) della tradizione militare italiana, nella sua
costante ricerca sulla materia ha conosciuto negli anni '80 alcuni
Arditi, ormai novantenni. Si è fatto raccontare le loro storie e
insegnare le tecniche di combattimento, confortato anche dai riferimenti
storici del presidente FNAI (Federazione Nazionale Arditi d'Italia)
generale Umberto Calamida. In un Paese con la memoria corta come il
nostro, certe cose vanno ricordate.
1915
Inizia la guerra. È lunga, logorante e con uno stallo. A questo
punto c'è un personaggio che oltre ad essere un validissimo combattente
(due medaglie d'argento) è anche un grande innovatore: il tenente
colonnello Giuseppe Alberto Bassi. Ha l'idea di creare degli speciali
reparti d'assalto. Si tenga presente che gli italiani sono stati i primi
a creare i corpi speciali e per casi più o meno noti poi sono stati
copiati da tutto il mondo. Gli Arditi saranno la élite decisiva durante
le battaglie del Piave e di Vittorio Veneto.
È autorizzato!
È autorizzato a creare i reparti d'assalto composti da volontari.
È il 29 luglio 1917. Sul piano morale e fisico tra i soldati arditi e
gli Arditi non c'era differenza: tenacia, coraggio, forte cameratismo,
abilità nella lotta corpo a corpo, resistenza fisica. Cambiava tutto sul
piano tattico. I primi, i soldati arditi, si fermavano al raggiungimento
della prima linea; mentre i secondi, attaccavano su più punti,
penetravano in profondità per poi attaccare ai lati sulle retrovie,
permettendo dunque ai reggimenti di linea di attaccare frontalmente.
L' idea serviva a superare il binomio reticolato-mitragliatrice
che procurava molte perdite e scarsi avanzamenti. Bassi si rese conto
che serviva ben altro per rompere il binomio. Così elaborò tre specifici
punti nelle tre fasi dell'assalto. Prima fase: attacco di sorpresa con
bombe a mano, pugnali e lanciafiamme. Seconda fase: penetrazione
profonda per scongiurare l'assestamento del nemico in una seconda linea
difensiva. Terza fase: attacco sui fianchi della linea difensiva. Le
specifiche per la prima, personale addestrato ad aprire varchi tra i
reticolati. Per la seconda: personale addestrato all'uso specifico della
mitragliatrici che dovevano seguire passo passo la copertura
dell'assalto. Per la terza, penetrazione in profondità con armamento
leggero mantenimento della posizione.
Bassi scrisse una relazione ai suoi superiori,
i quali rimasero favorevolmente impressionati perché sempre alla ricerca
di nuovi miglioramenti offensivi. Il 29 luglio, alla presenza di
Vittorio Emanuele, si svolse la prima dimostrazione con ottimi
risultati. Arrivò l'autorizzazione alla creazione e dotazione dei
reparti d'assalto. Bassi, dunque, fece abbandonare il fucile e il
moschetto per dotare gli uomini di pugnale, bombe e pistola per la
difesa personale. Rivoluzione copernicana: in quanto negli spazi
ristretti e angusti il pugnale e le bombe a mano sono più efficaci dei
lunghi fucili.
Addestramento
Addestramento dei volontari presso il Centro, in località Sdricca
di Manzano, detto anche la “Scuola del coraggio”. Preparazione atletica
con il capitano Razzi: corsa e salto dei reticolati. Si ricorda che gli
Arditi lanciavano le bombe durante il salto dei reticolati. Lotta corpo
a corpo e a mani nude. Il capitano Razzi studierà una specifica forma di
lotta sfruttando i principi della lotta giapponese acquisiti tramite
l'alleanza con il Giappone. Lancio di bombe ai limiti della propria
incolumità fisica.
Addestramento reale, tanto che ci saranno anche molti feriti
durante gli allenamenti estremamente duri.
A noi!
Il maggiore Freguia creò il
motto degli arditi “A
noi!” Il motto completo era che le
persone preposte urlavano: “A chi
l'onore?” E gli altri rispondevano: “A
noi!”
Equipaggiamento
L'Ardito aveva il caratteristico pugnale che altro non era che il
riadattamento delle rimanenze di magazzino delle vecchie baionette “Vetterli”.
Lama accorciata quanto bastava a non ingombrare e fascetta come guardia.
Per il metodo di combattimento da punta, come quello italiano, quei
pugnali caserecci andavano benissimo. Un tascapane pieno di bombe a
mano. Una pistola.
Armi da fuoco
La mitragliatrice pesante non era adatta alle azioni specifiche di
irruzioni e avanzamento verso la trincea avversaria. Meglio allora il
lancio di bombe a mano.
Abbigliamento
L'elmetto veniva portato al rovescio per comodità. Giacca dei
bersaglieri ciclisti perché aperta davanti e dunque non impediva i
movimenti durante il lancio delle bombe a mano e nel combattimento corpo
a corpo col pugnale. Bavero con la fiamma colorata secondo la
provenienza: bersaglieri, rossa; fanteria, nera; alpini, verde.
Peso dotazione
L'ardito portava un peso di 15 kg e 100 gr a differenza della
fanteria di linea di 22 kg e 850gr.
La coppia tattica
Bassi riscontra che in caserma si formano delle coppie che si
compensano e si intendono a meraviglia. La coppia deve rimanere coppia
anche in campo di battaglia. Ecco un breve passo del suo diario: “Una
società di due persone possiede degli elementi che non esistono in
nessuno dei due che la compongono e che nascono e si sprigionano nel
momento che unendosi danno vita alla società. I soggetti si rafforzano,
la percezione diviene pronta e vivace, l'acutezza visiva...”
Secondo il geniale innovatore, la coppia era la base indispensabile per
l'azione degli Arditi. Bassi divise il plotone in quattro squadre. Per
ogni squadra cinque o sei coppie di uomini. L'intesa raggiunta dalle
coppie si rivelava micidiale sia nel corpo a corpo sia nella
eliminazione delle postazioni delle mitragliatrici nemiche.
L'embrione alla prova
L'embrione dell'idea che poi porterà al mito degli Arditi venne
alla luce
il 7 giugno quando il maggiore Bassi, senza alcuna preparazione
specifica, diede ordine al suo battaglione di attaccare il “Dosso del
Palo”. Sorpresa: dosso conquistato con poche perdite. Perché ce l'hanno
fatta? Semplice, Bassi ha invertito l'ordine di attacco: ha mandato
avanti i plotoni con le mitragliatrici leggere e le bombe a mano. Come
succede solo in Italia: lettera di demerito per aver disatteso l'ordine
e poi promozione sul campo per la brillante soluzione.
Combattimento corpo a
corpo
Non vi è nulla di più letale di un uomo armato di coltello. Una
volta entrato nella trincea nemica, il poco spazio laterale a
disposizione al nemico lascia poco margine all'improvvisazione: chi è
più addestrato vince. Gli Arditi lo dimostrarono benissimo. Il corpo a
corpo era la loro specialità. Poche mosse ben collaudate e portate a
termine con determinazione e rapidità erano garanzia certa alla riuscita
dell'assalto. La loro guardia era particolare: gamba sinistra e braccio
sinistro avanti, arretrata invece la parte destra: gamba e mano che
brandiva il pugnale. Una serie di combinazioni semplici ed efficaci
permettevano di avere la meglio. Era contemplato il disarmo
dell'avversario, ma difficilmente avveniva.
La conferenza si conclude
Una domanda a Merendoni: il metodo di combattimento con coltello
degli Arditi è paragonabile e quello moderno del Krav Maga o similari?
“Ogni metodo ha le sue
caratteristiche, ma tenga presente che quello degli Arditi è stato
testato durante la guerra con i risultati che si sono visti”.
Ora, dopo la spiegazione storica, sarebbe interessante vedere dal
vivo, magari con una apposita conferenza, il sistema applicato con
combattimenti simulati. In fin dei conti stiamo parlando di un metodo di
combattimento italiano invidiato dal mondo intero da 100 anni!
Francesco Bergamo