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16 gennaio 2007

  
      
  

 

NASSIRIYA

Pino Agnetti - Boroli Editore, Milano 2004

 

Pino Agnetti è un giornalista originario di Parma che ha seguito i nostri Contingenti in ogni parte del globo, per poi giungere a Nassiriya, dove fino a dicembre 2006 aveva sede l’Italian Joint Task Force Iraq. Nel suo libro traspare tutta la realtà di miseria di un popolo dopo anni di dittatura, senza leggi, con i partiti politici sempre in rivolta, con gli attentati all’ordine del giorno. È un libro contro la guerra, intesa come portatrice di morte e distruzione, non come molti volumi dei soliti benpensanti pacifisti che massacrano di botte un padre che ricorda il figlio caduto. È un libro per chi non si vergogna di utilizzare la parola Patria, che non si ricorda di essere Italiano solo quando ci sono i Mondiali e gli Europei di calcio: una Patria oggi troppo spesso vilipesa, offesa, rinnegata, dove si sputa letteralmente in faccia a chi cerca di proteggerla, siano esse Forze Armate o Forze dell’Ordine. Si sono sentiti slogan agghiaccianti come “10, 100, 1000 Nassirya”: ebbene bisognerebbe chiedere a lor signori se hanno il coraggio di confrontarsi direttamente con i familiari dei Soldati e Civili Italiani massacrati a Nassirya, davanti a milioni di persone in trasmissioni come “Porta a Porta” di Bruno Vespa. Ebbene si capirebbe una volta per tutte che la meglio gioventù non è quella dei fiori nei vostri cannoni, ma uomini e donne con un Tricolore stampato sul braccio. Abbiamo sentito giornalisti paragonare i terroristi iracheni a resistenti che liberano il loro Paese dalle forze di occupazione straniere (del resto si sa, combattente che lotta per la libertà si fa esplodere al mercato o sugli scuolabus); abbiamo visto vignette oscene del “Manifesto”, mi è troppo difficile definirlo giornale, in cui una banconota da un dollaro penzolava da un pennone con la scritta “Morire per denaro” dopo l’uccisione di Fabrizio Quattrocchi; abbiamo visto bruciare Tricolori e manichini di Soldati Italiani nei cortei di questi pacifisti. Mi vengono alla mente le parole pronunciate dalla Medaglia d’Oro al Valor Militare Gianfranco Paglia, rimasto su una sedia a rotelle per le ferite riportate in Somalia: “Preferisco muovermi su una sedia a rotelle a testa alta, piuttosto che correre sulle mie gambe cercando un posto dove nascondermi”. Ma stiamo dimenticando una cosa: del resto, sono loro, i pacifisti, la “meglio gioventù".

 

Gabriele Bagnoli

In ricordo di Matto Vanzan

 

  
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