La notizia del coinvolgimento di nave San Giusto nell'esercitazione della Protezione Civile al largo dell'isola di Stromboli riporta al centro dell'attenzione la componente da trasporto e sbarco della nostra Marina militare. Se è vero che la linea delle fregate viene da sempre definita come la spina dorsale della flotta, certamente le navi d'assalto anfibio rappresentano il dorso del mulo. Su di loro gravano impegni che spaziano dal supporto alle popolazioni colpite da calamità naturali fino alle missioni di proiezione di potenza. Geograficamente questo si traduce in zone di operazioni che non conoscono confini, dalle spiagge della penisola fino a quelle lontanissime di Timor Est.
Com'è noto, i muli della Marina sono le tre unità San Marco, San Giorgio e San Giusto, classificate Lpd (Landing Platform Dock) secondo la normale terminologia statunitense. Nate a metà degli anni Ottanta per sostituire le vetuste navi da sbarco ex americane Grado e Caorle, delle prime due (e di nave San Marco in particolare) è sempre stata messa in evidenza la capacità di operare anche a supporto della protezione civile. Pur trattandosi di una caratteristica significativa che andava a delineare un primo, pragmatico esempio di sana polifunzionalità, questo accento suonava molto come il tentativo di annacquare, agli occhi dell'opinione pubblica, la primaria missione di generare sbarchi in un contesto di guerra. Ma è solo una questione di sfumature e di interpretazioni maliziose: il dual-use civile-militare in ambito anfibio rappresenta in realtà una tendenza comune alla totalità delle Marine tutt'altro che in esaurimento.
Con la costruzione di San Marco e San Giorgio si è provato a riunire su un'unica piattaforma di dimensioni contenute (7.000 tonnellate circa) capacità operative diverse che, per essere espresse al meglio, avrebbero richiesto navi più grosse o più classi di unità specializzate. Bacino allagabile, portelloni d'accesso sulle fiancate e a prora, elevatore, mensoloni per i mezzi da sbarco leggeri, gru, ponte di volo continuo e un pezzo di artiglieria convivevano a fatica in poco spazio. Di questo primo insegnamento lo stato maggiore della Marina ha tenuto conto quando, nella prima metà degli anni Novanta, ha messo sugli scali la terza Lpd, intitolata al Santo protettore della città di Trieste. La scomparsa del portellone di prora, tuttavia, deve essere messo in relazione anche con i compiti assegnati a nave San Giusto, destinata a fungere da nave scuola a favore degli allievi del secondo anno dell'Accademia navale.
A prescindere dalle lievi differenze di allestimento tra ciascuna unità, le tre Lpd hanno dato prova di grande versatilità anche nella loro configurazione originaria. Nave San Marco partecipava ad esempio alle operazioni navali di Desert Storm come nave di supporto anche ospedaliero, mentre il quasi gemello San Giusto portava felicemente a termine le missioni a Timor Est e nelle acque del Golfo Persico durante la recente Iraqi Freedom. Obbligata, ovviamente, la partecipazione della componente anfibia alle diverse spedizioni in terra di Somalia e Albania nel corso degli anni Novanta.
Gli insegnamenti sul campo hanno comunque indotto la Marina a rivedere il progetto delle sue Lpd. San Giorgio e San Marco sono stati sottoposti a radicali lavori di trasformazione che ne hanno in parte stravolto la fisionomia. Gli interventi hanno avuto lo scopo principale di ampliare il più possibile la superficie da destinare alle operazioni di volo con gli elicotteri. Per portare il ponte di volo fino a prora estrema è stata quindi eliminata la celata mobile a prua e il cannone da 76 mm. Le attrezzature e gli spazi per i mezzi da sbarco leggeri sono stati inseriti in una struttura a sbalzo che ha consentito di ricavare altro spazio prezioso per i velivoli. Nella nuova configurazione, San Marco e San Giusto dispongono ciascuna di quattro spot per operare simultaneamente con altrettanti elicotteri medi e pesanti.
Da quando vent'anni fa sono stati messi in cantiere gli attuali San Marco e San Giorgio, la componente anfibia della Marina militare sta vivendo una fase di crescita lenta ma costante. L'entrata in linea del San Giusto e la trasformazione delle altre due Lpd ha coinciso con il graduale potenziamento dell'organico dei fucilieri di Marina. Il San Marco, infatti, è passato da una consistenza di poche centinaia di uomini organizzati in battaglione a una struttura complessa a livello di reggimento (ma è ben più di un reggimento, a usare il metro dell'Esercito).
Dopo la forza anfibia congiunta italo-spagnola Siaf-Silf, i fucilieri di Marina saranno chiamati ad una nuova integrazione con reparti similari. La tanto sospirata creazione (organizzata o de facto) di una brigata anfibia interforze, costituita dai marò del San Marco e dai Lagunari del Reggimento Serenissima, dovrà dare nuovi impulsi al potenziamento della componente navale da trasporto e sbarco. E inevitabilmente il pensiero corre alla famigerata quarta nave anfibia, la Lhd i cui progetti giacciono accantonati in attesa di tempi migliori.