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A.L.T.A. V Raduno Nazionale - san donÁ di piave, 14-15 settembre 2002

   
                 
       

Speciale v raduno

       
                 
 

SAN DONÁ DI PIAVE E IL SANDONATESE

 

La prima traccia di San Donà di Piave si trova intorno al 200. Era un povero villaggio sorto in riva al Piave, in una plaga che costituiva il rifugio dei Veneti, allorché altri popoli provenienti dal nord cercavano nuovi spazi nelle terre intorno all'estuario.

Allorché Haraclia, centro politico della plaga fra Piave e Livenza, regrediva, San Donà di Piave diveniva gastaldia della Repubblica Serenissima e nel 1475 veniva venduta a due patrizi del casato dei Trevisan. Ciò consentiva l'avvio della prima sistemazione del centro urbano, in una plaga dove l'agricoltura era rimasta, per secoli, l'unica fonte di reddito per povere popolazioni che vivevano di stenti in assoluta miseria, flagellate da malattie quali la pellagra e la malaria.

il Piave, che attraversava tutto il territorio, da un lato era ricchezza costituendo un'agevole via di comunicazione per i traffici della Serenissima, in particolare per il legname che dai boschi del Cadore arrivava sino alla laguna per l'allestimento delle galere veneziane. Ma dall'altro lato il fiume era anche fonte di danni arrecati dalle ricorrenti inondazioni, specie primaverili ed autunnali, causate dalla rottura degli argini. Inondazioni che - al ritirarsi delle acque - lasciavano sui terreni uno strato di sabbia con conseguente impoverimento dei terreni stessi. 

   
 

 

Lentamente, strappando le proprietà ai latifondisti, si andava affermando una nuova classe borghese-imprenditoriale, che avviava attività di trasformazione e specializzazione. Fu durante la dominazione austriaca che si attuò la definizione di precisi ambiti territoriali dei comuni e la suddivisione del territorio in comuni, distretti e provincie. É di quel periodo anche, l'avvio della costruzione del duomo sulla preesistente parrocchiale(anno 1838) voluto dall'arciprete Monsignor Angelo RIZZI e la sistemazione del centro cittadino, a partire da una gran piazza (l'attuale piazza Indipendenza con la sede del Municipio) indispensabile per consentire iniziative commerciali ed economiche. Il 15 giugno 1862 iniziavano i lavori per la piazza ed il centro politico amministrativo della città, che non risultava più rispondente alle esigenze del mercato del bestiame per cui il Consiglio, sotto la guida del sindaco Antonio TRENTIN, decideva di costruire un foro boario alle spalle del Duomo, ultimato negli anni 1898-99. restava da risolvere , però, l'annoso problema dell'isolamento della città provocato dall'ostacolo del Piave, che era possibile ridurre solo grazie ad un antidiluviano traghetto. L'isolamento venne superato grazie alla cosruzione di un ponte nello stesso punto dove in precedenza esisteva il traghetto fra i due comuni di Musile e San Donà di Piave, danneggiato poi dalla piena dell'ottobre 1862 e quindi ricostruito nel 1865.

L'isolamento venne superato del tutto nel 1865, grazie alla costruzione della linea ferroviaria Mestre - Portogruaro - Friuli, che favorì il progresso commerciale dell'area, pur non essendo immune da polemiche dovute, soprattutto alla lontananza della stazione ferroviaria dal centro cittadino. A fine ottobre 1903 l'area venne colpita da una rovinosa alluvione causata dalla rottura degli argini a valle di Fossalta ed a sud-ovest di San Donà di Piave a valle di Testadura con allagamento dell'area compresa fra la linea ferroviaria ed il canale Grassaga costituendo campanello d'allarme per il Governo che avviò un'opera di sistematura delle arginature del fiume. In quell'occasione furono di valido aiuto i Lagunari della 14ª Compagnia con le loro barche. Mentre si avvicinava la tempesta della 1ª Guerra Mondiale incominciavano le prime misure economiche (ammassamento del grano) che portarono anche, a proteste come quella delle donne di Calvecchia del 20 marzo 1915. Molte tradotte militari attraversavano il territorio sandonatese e per questo il 27 ottobre 1915 fu aperta, a cura di un gruppo di interventisti, la "Casa del Soldato" nei pressi della stazione ferroviaria. Arrivò l'autunno 1917. Ancora una volta furono protagonisti i Lagunari della 14ª Compagnia che con le loro barche portarono in salvo perte del carteggio comunale, raccolto sotto la direzione del segretario comunale geom. L. FABBRIS «i registri delle deliberazioni degli ultimi 40 anni, quelli degli atti dello stato civile, le schede di famiglia anagrafiche del 1911 e pochi altri documenti». Si legge in un diario che il 7 novembre «altri burchi distribuiti a Cortellazzo lungo la Cavetta, lungo la Piavevecchia, accolgono altre famiglie. Alle ore 15, ultimato il, carico, si chiudono le imposte e le porte del Municipio. Qualcuno piange, in tutti c'é della costernazione». La popolazione di San Donà di Piave rimasta in zona assisteva sbigottita al ripiegamento dell'Esercito Italiano sino a quando, passate le ultime retroguardie, i genieri della III Armata facevano brillare il ponte alle ore 11,40 del 9 novembre 1917.

Per i sandonatesi incominciava la separazione: una parte restava a San Donà insieme all'Arciprete Mons. SARETTA rimasto in loco, per ordine del Vescovo, allo scopo di assistere i parrocchiani che non si erano potuti allontanare dalla zona in procinto di essere occupata dall'esercito austro-ungarico. Un'altra parte viveva l'esperienza dolorosa del "profugato" in terre lontane assieme al sindaco Cav. Giuseppe BORTOLOTTO, nominato commisario prefettizio dei comuni di San Donà e Musile, il quale continuava a far funzionare l'amministrazione dalla sede provvisoria di Firenze. Il tessuto urbanistico della città di San Donà di Piave si avviava a subire le distruzioni della guerra, quella del Duomo, delle opere di bonifica, del centro cittadino. La cosa più triste per i sandonatesi fu veder ripiegare l'Esercito Italiano, il 15 novembre, dalla riva destra del Piave Nuovo a quella sinistra della Piave Vecchia ed al Cavetta, mentre gli austriaci riuscivano a passare il fiume sino a Fagaré, Molino della Sega respinti dai contrattacchi delle B. "Novara" e III Bersaglieri, mentre a Zenson veniva creata una testa di ponte che sarebbe resistita sino al Natale 1917.

Alle ore 03 del 15 giugno 1918 iniziava la preparazione dell'artiglieria austriaca che utilizzava anche proiettili lacrimogeni ed all'yprite. Le riserve della III Armata venivano fatte schierare sul secondo sistema difensivo: Meolo-Vallio e le strategiche al di là del Naviglio del Brenta. Al mattino gli austriaci, protetti da dense cortine fumogene, varcavano il Piave esercitando gli sforzi maggiori lungo le direttrici Ponte di Piave - Treviso e San Donà di Piave - Mestre, lungo la quale a Musile reparti della Brigata "Catania" della 61ª Divisione venivano travolti, si formava così un'ampio saliente nemico fra Fossalta - Capo di Argine - Paludello. Più a sud reparti della Brigata "Totino", posti a difesa del caòosaldo di caposile, minacciati di fronte e di fianco erano costretti a ripiegare aprendo una falla tra la 4ª divisione del Basso Piave e la 61ª del Medio Piave. Per il Comandante austriaco dell'Armata del Basso Piave BOROEVIC, sembrava che si stesse aprendo la strada verso Padova e l'Adige, oltre al quale si spalancavano le pianure dell'Italia settentrionale, con il frumento pronto da raccogliere. Ma con movimenti notturni le riserve, grazie anche all'opera dei Lagunari, riuscivano a raccordare la difesa della Piave Nuovo - Cavetta l'argine sud di taglio del Sile sino a Portegrandi - fiume Sile. La lotte proseguiva accanita nel saliente di Fossalta - Capo d'Argine - Paludello; località che venivano ripetutamente conquistate, riperse, riconquistatate da entrambi i contendenti. Nel frattempo il Piave era entrato in piena, rendendo difficile l'alimentazione logistica degli austriaci che avevano raggiunto la sponda destra e l'afflusso di altri reparti. Finalmente il 21, chiusa la falla la 4ª Divisione attaccava per alleggerire la pressione su Caposile ed attrarre riserve nemiche verso sud. Così poteva incominciare il contrattacco che avrebbe ridato San Donà di Piave all'Italia quale primo passo verso Trieste. Iniziava così la ricostruzione che avrebbe portato all'attuale San Donà di Piave.

   
                 

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