«Senti un po' capo - bello il diario, ma il Dino, il vate, il sublime scrittore di naja, il sottoscritto! sparisce. Come diceva un noto personaggio ai nostri tempi "Minchione...": io mi sono fatto il mazzo per cercare notizie utili a voi piloti, ho faticato sul computer - che non amo - per ore, leggendo sapienza del 1943! per accontentarvi, e nessuna nota di merito». Dopo il caloroso saluto, riprende un discorso molto serio, come se parlasse a persone presenti. "Cari Lagunari lettori, ameremmo molto avere vostre notizie, fiabe, racconti, ricordi, "ciacole" per arricchire il nostro misero diario di bordo. Almeno qualche commento nella posta". Come non concordare con Dino?
Poiché il nostromo ha affrontato il tema ricordi e ricerche, mi sovviene che l'Inno dei Lagunari presente sul sito è, come dire... moderno, con le parole cambiate, politically correct, cantato con voci più "leggere" di come ricordo ai tempi belli. Immaginate una prima fila di bassetti tipo Zaffin (spero mi perdoni la citazione; ciao vecchio compagno di corso), con un tenente che grida "fuori il passo", "cantare". E via con il motore al massimo, voci possenti che escono dalle cornamuse delle prime file, ritmate, cadenzate, veloci come il passo. Anche la musica era diversa, più tipo anni eroici, tempo leggermente più lento e tono più basso. Di questo - quello presente sul sito - non posso lamentarmi; qualcuno doveva fare un Inno solo Nostro e non una compilation di altri pezzi. Ma, lasciatemi dire, quel "...si accende un cero..." ha poco a che vedere con l'adorabile e sfacciato "chi se ne frega" del Lagunare originario. Parlo per me e per il 1967-68. Inoltre la leva regionale portava le genti venete e viciniori ad un'intesa stretta, basata sul dialetto, sulle origini comuni, sul "volere essere Lagunari" quando eravamo visti un po' così. Vedo inoltre che manca nella raccolta degli inni il primo ed ufficiale Inno del San Marco. E qui divento fazioso, perché nel testo è citata la mia Trieste e pure Venezia. Le parole richiamano la nascita del Reparto, la presenza alla prima guerra, l'eroismo di tanti, tra cui un certo sig. "Bafile" di Lagunare memoria.
La meta del giorno sono le trincee del Carso, le ex paludi dell'Isonzo tra Grado e Monfalcone, Punta Sdobba, dove stavano i cannoni da marina del San Marco, che mia nonna ricordava bene perché il tuono delle canne arrivava fino a casa nostra. Da piccolo, in giornate chiare, dalla finestra potevo chiaramente vedere la zona, così come le Alpi Carniche care ai nostri alpini. Quindi, prima di parlare del viaggio devo rifilarvi il testo originale. Non confutabile in quanto proviene dal libro della Regia Marina consegnato a mio papà nel suo prendere le stellette quale marinaio d'Italia. Periodo 16 settembre 1938, 16 settembre 1943, cinque anni esatti. Il volume è "Nozioni generali sulla Marina", Ministero della Marina, 1939 - XVII. Ecco a voi, da pagina 174, l'Inno del Reggimento Marina "San Marco".
Noi vedevam
ogni mattin
splendere d'or - tutta Trieste - al nuovo sol
vedevam l'ala tricolor - senza timor - prendere il vol.
Ma un dì dovemmo il suol
redento abbandonar
nell'uragan - parea pel duol -piangere il ciel -
pareva urlar - d'ira e d'orror il mar.
Calato è l'invasor
dai monti sino al mar, -
Venezia, amor - d'ogni italian tra i marmi e l'or
già del cannon - ode vicino il tuon.
No! lo giuriam sui capi bianchi delle nostre madri,
No! lo giuriam per gli stellanti occhi dei nostri Amor,
l'onor che Italia a noi
volle affidar - custodirem - sacro tesor,
Iddio lo vuol,
libereremo il nostro suol!
M. Rosselli-Cecconi - Musso
Come figlio di marinaio, mancato pilota causa entrata in guerra dell'Italia - a un altra puntata le spiegazioni - sono cresciuto con queste parole nelle orecchie e con la visione dei ragazzi del San Marco (i "muli" del San Marco per papà) che si imbarcavano per la Cina e altre destinazioni, transitando sulla tolda della Regia torpediniera "Libra", La storia della Libra sarà la nostra guida nel Mediterraneo. Il sapere le parole degli inni della Patria mi garantiva il 10 in canto alle elementari; per il resto, il maestro mi ivitava al silenzio. Quando la classe cantava seguiva un laconico "Tedeschi, tu no", tanto ero stonato. Ma se si doveva sapere la Canzone del Grappa o l'Inno di Garibaldi, non mi fregava nessuno. Ho dovuto insegnare l'Inno S.M. sia ai commilitoni di Caserta (una cosa in sordina), ma anche ai duri di Villa Vicentina. Un pomeriggio, agli ordini dell'allora Tenente Graziani (il "Sig. Graziani", all'uso marinaro), tutto il battaglione riunito in piazza; ordine: imparare l'Inno del S.M.. Dagli altoparlanti andava la musica ed il sottoscritto, unico possessore del testo, a dirigere il coro con il garand, e poi via di marcia. "Quelli eran tempi..." dice una nota canzone. Ma torniamo al nostro viaggio ed al senso delle parole sopra scritte.
"Noi vedevam" si può riferire sia ai triestini passati alla parte italiana, sia a quelli che in città ancora abitavano, sia ai Marinai del San Marco che da punta Sdobba bombardavano il Carso. A Grado c'era una base di idrovolanti e quindi da quel punto privilegiato si potevano vedere i nostri uccelli predatori alzarsi per andare a contrastare sia le truppe di terra che a difendere i nostri MAS nelle incursioni verso le basi della Marina Austriaca. Nello stesso tempo potevano anche vedere l'ala rossa e bianca di de Banfield e dei suoi che partivano dal golfo di Trieste con scopo contrario. Devo qui fare ammenda su una notizia data nella prima puntata (credo). Ho detto che Baracca e de Banfield si sono incontrati in aria e che il secondo ha graziato il primo. Così non è nelle stesse parole di de Banfield.
Il Baron von Banfield definì Francesco Baracca, "il nostro peggior nemico, il più famoso pilota italiano da caccia, con 34 vittorie al suo attivo", ma tra loro non ci fu mai battaglia. Soltanto un incontro, cavalleresco e incruento, che il vecchio aviatore ricorda nelle sue memorie: "Una sola volta incontrai il maggiore Baracca in aria: era il 1° gennaio 1917. Da buon cristiano, cercavo di non combattere nei giorni di Natale, Pasqua e Capodanno. All'improvviso, vidi nello specchietto un aereo che mi stava dietro. Lo riconobbi, era Francesco Baracca, con il suo distintivo personale: un cavallino nero. Sollevò lentamente il braccio in segno di saluto, poi ognuno di noi prese una direzione diversa".
"Quelli eran tempi..." dice una nota canzone.
La seconda strofa ci richiama al Grappa ed alla difesa sul Montello. Senza la tenuta di quella linea fatta più di cuori che di forze, Venezia, che ben poteva sentire il rombo dei cannoni, sarebbe caduta in mano austriaca - e la guerra chiusa.
Siamo pronti alla partenza, con cielo sereno, condizione essenziale per curiosare di sotto. Tutti abbastanza carichi, con Dino che chiaramente medita qualcosa. Ci attende l'Adriatico e le isole che tanta parte hanno nella storia di Venezia e d'Italia.
Per il volo faremo la stessa rotta di d'Annunzio dal ritorno dopo il volo su Vienna, ovvero Wiener-Neustadt, Gratz, Lubiana, Trieste. A questo punto gli aerei della squadriglia "Serenissima" andarono all'atterraggio a Padova, dove erano decollati. Noi faremo un giro panoramico del Carso e delle coste italiane di Grado e del Golfo di Trieste, per poi posarci all'aeroporto di Fiume, che in realtà si trova sull'isola di Veglia (Krk in croato).
Dal diario di bordo.
Previsioni ottime: bello su tutto il tragitto. Poco prima di mezzogiorno partiamo. Oggi al mio fianco c'è KRA, Alessandro, perfettamente rimessosi; Dino e Pierangelo stanno parlando di vettovaglie, modifiche dei turni di cucina e amenità varie. Li lasciamo in pace nel ventre dell'uccellaccio. Dirigiamo subito su Wiener-Neustadt (nuova ovviamente nel 1917) per poi sorvolare Gratz e Lubiana e puntare sul mare. Un volo leggermente noioso, privo di grandi montagne o grandi fiumi o spettacoli mozzafiato. Vi alleghiamo un'unica foto, quella del Golfo di Trieste, così come dovrebbero averlo visto i reduci del volo su Vienna - ago della bussola su Venezia - ed una foto dell'epoca, scattata dai piloti de "La Serenissima". L'idea era seguire la rotta di d'Annunzio senza arrivare a San Pelagio (Padova - ora l'aeroporto è detto Ronchi del Volo). Un dubbio si affaccia subito. Per andare verso Gratz e Lubiana, il Vate ha superato le montagne, più che possibile con gli aerei a disposizione ed il caldo di agosto (il 9 per la precisione) oppure ha seguito i crinali come fossero un'autostrada? Non sapendolo optiamo per un mix: verso Gratz si sale sui monti e per Lubiana costeggiamo.
Nel mezzo delle elucubrazioni, sostanzialmente inutili, il nostromo pone una domanda provocante; il chioggiotto che è in lui si libra su ali dorate e propone una teoria affascinante: Venezia è diventata la Venezia che conosciamo solo grazie a Chioggia! Con sua massima delusione viene costretto al silenzio, perché siamo già in vista del Golfo per eccellenza, quello di Trieste. Notiamo che in rada c'è ancora la George Washington a cui Dino ha arruffato il pelo, oltre ad altro naviglio. La visibilità e buona, ma una velatura rende poco efficacie il nostro lavoro fotografico. Scendiamo lungo la penisola d'Istria, passiamo Pola e risaliamo lungo il secondo lato di quella che sembra una punta di lancia. Veloci su Fiume perché la pista è vicinissima.
Un breve ricordo di Nazario Sauro, che con il suo sommergibile aveva forzato l'ingresso nella vasta rada, per poi impigliarsi nelle reti di protezione. Catturato, fu riconosciuto come cittadino austriaco, quindi disertore ed impiccato. Uno dei tanti marinai che il mare d'Istria e Dalmazia ha dato alla Patria.
Siamo veloci per una pista simile; tocchiamo pesante per avere il tempo di fermare senza pericoli ed andiamo al parcheggio. Non è un grande aeroporto. Notiamo un velivolo che ci sembra adatto per riprendere la ricognizione del mare triestino e forse spingerci fino a Cortellazzo, altra postazione di artiglieria che difendeva i nostri e bloccava i rifornimenti austriaci. Fu proprio la necessità di difendere quelle posizioni che portò all'impresa della X Mas di Luigi Rizzo ed all'affondamento della corazzata Wien. Abbiamo davanti un pomeriggio per organizzarci; la variazione di programma non era prevista.
SAN MARCO!
Volo su Vienna, il lancio dei volantini
(riconoscibilissima in alto a destra la cattedrale di Santo Stefano)
Il golfo di Trieste
La bocca di porto di Buccari
Buccari, la rada protetta