Budapest, 4 febbraio 2008
Ci siamo goduti le avvisaglie della giornata di domani, ultimo giorno di carnevale. Abbiamo altresì scoperto che il film "epico" su Budapest, che i nostri avevano girato aprendo la rampa posteriore è un vero disastro; eravamo troppo alti per poter distinguere a terra ponti, strade e monumenti. Però l'idea è piaciuta e si è deciso di rifare le riprese. Così, recuperato, grazie all'interessamento di qualcuno dell'aeroclub locale, un velivolo atto alla bisogna, sono partiti Dino alla macchina da ripresa e Alessandro ai comandi di un polacco PLZ "Wilga", che tradotto sta per "brutto", ma veramente brutto. Invece è un ottimo aereo, robustissimo, di solito per tre persone, in quanto si toglie un sedile per far posto ad un serbatoio supplementare. Sta su a bassa velocità e perdona qualche intemperanza. Dopo il passaggio della proprietà della fabbrica in mani americane, la Sikorski, un modello "abbellito - con pochi risultati - e con montato un motore turbo, si vende molto bene negli States. Il risultato del lavoro nella sezione "film di viaggio", se mai prenderà vita. Pierangelo ci sta impazzendo e non serve dargli il tormento. I due anziani - di servizio - piloti, rimasti soli, hanno cominciato un giro per l'aeroporto Ferihegy, enorme da perdersi - come ci siamo quasi persi dopo l'atterraggio di arrivo. Abbiamo così scoperto in un angolo dei reperti, portati in giro alle manifestazioni aeree. A Budapest si tiene una delle tante "Red Bull Race", quindi si dà spettacolo con tutto quello che si rastrella. Due "pezzi" - tra i tanti - hanno ottenuta la massima attenzione: un Tupolev Tu 95 "Bear" ed un Boeing RB-50F. Il Tupolev, che ha nel suo gemello (gemello si fa per dire) Tu 114 l'aereo di linea civile, è stato il bombardiere atomico russo della guerra fredda. Un mostro quadrimotore enorme, capace di volare a elica quasi alla velocità del suono. Dopo la caduta del Muro (1989) e prima dell'ingresso dell'Ungheria nell'Europa, gli Stati Uniti avevano portato dei loro ricognitori, ex bombardieri atomici pure questi, in alcuni aeroporti militari ungheresi. Si tratta anche qui di un quadrimotore (il Boeing B-50), meno appariscente di quello sovietico e leggermente più nuovo. Ormai aerei dismessi a favore dei jet. In particolare ci siamo avvicinati ai sovietici per chiedere informazioni e raccontare del nostro viaggio, dell'appartenenza al Corpo dei Lagunari (beh, ex appartenenti, o no, congedati, ma io non ho mai ricevuto il congedo...) e via discorrendo. La giornata di festa si sentiva ed erano ben disposti. Abbiamo combinato la nostra presenza a bordo (solo noi due) per un volo di prova, domani, ultimo di carnevale. Con la vaga promessa di farci sedere ai comandi. Andata bene una volta, perché non provare anche con gli americani. Non si sono allargati, ma si pensa ad un giro su Varsavia per il 6 febbraio.
La sera non si è parlato d'altro, mentre fritole e crostoli andavano giù come acqua. Gli altri dell'equipaggio non sembravano affatto seccati di rimanere soli per due mezze giornate. La cosa insospettisce. Montare le amache e dormire, domani si vola a sbafo su una nave dell'aria.
Budapest, 5 febbraio 2008
Il tempo è nebbioso e ci dicono che è così anche su una vasta parte della regione. Peccato, l'intenzione era di far un mucchio di riprese panoramiche. Raggiungiamo il vettore ad uno degli imbarchi passeggeri - portato la apposta per attirare l'attenzione del pubblico. È veramente grande! Ci comunicano che il giretto sarà Budapest-Kracow-L'viv (Leopoli)-Budapest. Oro per le nostre orecchie: potremo vedere le zone dei "demoghela". Ci trainano fuori dalla zona di imbarco; si avviano i motori e si rulla in testa di pista. L'avvio è uno spettacolo nello spettacolo, da godere dai finestrini laterali. Sono due quadripala controrotanti per ogni turbofan. Ci mettono una vita a partire, con un rombo spaventoso, ma che ci piace da morire. Non ci consentono di pilotare finché non siamo in quota (li capisco). Poi è il mio turno e qualche capello bianco al comandante sarà venuto. Puntiamo nella nebbia verso Cracovia, superiamo i Carpazi e scendiamo verso la pianura. Non si vede un accidente, così scendo, scendo, scendo, scendo... con qualche problema psicologico per l'equipaggio russo, che però non vuole dimostrare il terrore che suda (odore di adrenalina nella cabina). Individuo un fil di fumo che esce dalla nebbia; siamo vicini. Io l'aeroporto voglio assolutamente vederlo, tanto per far capire che so tenere la rotta, non mi accontento dei rilevamenti strumentali. Così insisto ed alla modica velocità di 660 km/ora vado giù, vado giù... e... eccolo. Ora posso tirare a me la cloche e far quota. Cortesemente il comandante pilota mi fa alzare e ci avvisa che sarà fatto scalo a L'viv per un corroborante. Chiaro: noi piloti lagunari siamo dei simpatici pirati dell'aria, ma incompresi. Dopo qualche wodka (sarebbe contro i regolamenti) al bar dell'aeroporto, più rilassati, andiamo di nuovo al decollo. Mentre discutiamo su come saranno i turni di pilotaggio - Pierangelo non vuole mica perdere l'occasione - dietro a noi si forma la coda, come ai semafori. La torre ci fa presente che non siamo poi così belli da vedere e ci dà il via obbligatorio. È tutta una pianura terribile, visibile abbastanza bene. La zona dei nostri nonni in divisa austriaca (per chi ha la mia età), è di una tristezza unica. La neve copre tutto, come nei racconti sentiti, in cui si narrava che di notte le sentinelle erano terrorizzate dal rumopre de "i capoti dei russi che strixava per tera", ma come volevamo si notano benissimo strade e fiumi, ottimo riferimento per il volo a vista. Nell'approccio a Budapest sorge una questione. "Direttore" scommette con i russi che è in grado di andare all'atterraggio a soli strumenti. Ridacchiamenti varie e la scommessa parte. Sicuro del fatto suo comincia la discesa; io faccio il tifo e scendiamo nel "cesto de bombasa". Finalmente le luci. In gioco le nostre riserve di fritole e crostoli contro la loro wodka. La pista è sotto di noi; proprio sotto: siamo altissimi per atterrare ed in più è la più corta delle due. Panico quando si contano i peli in testa agli inservienti a terra e Pierangelo decide di ritirare il carrello e salire nuovamente. Scommessa persa, risatine degli altri e velivolo in mani migliori (migliori, forse no; "più esperte di quel modello" è meglio). Atterraggio e festa in comune. Fritole e crostoli annaffiati da wodka. Ottima serata. Si dormirà a lungo. Domani è la giornata delle Ceneri e non ci serviranno cibi, quindi nessun rimpianto per le scorte andate. Mentalmente siamo già sull'aereo americano. Buonanotte.
Budapest, 6 febbraio 2008
Tempo schifo, visibilità molto bassa. Su Varsavia danno pioggia mista a nebbia o nebbia con pioggia, fate voi. I masticagomme sono dubbiosi: si va, non si va, si attende... Anche il loro volo è di addestramento, perciò senza visibilità si addestrano a cosa? Intanto parliamo tra noi due lagunari delle possibilità di catturare l'aereo. Io ho un'arma segreta. Oggi è il mio compleanno (grazie, grazie, basta applausi) e li commuovo con una storia vera. A meno di 24 ore dalla nascita sono stato portato in rifugio perché il giorno 7 febbraio 1945 c'è stato un raid aereo (non certo il primo) contro obiettivi sensibili della città. La notizia storica:
7 Febbraio 1945, Mercoledì, nella prima serata, sono stati bombardati:
a Trieste: Porto e cantiere;
a Pola: Deposito di petrolio.
Lavoretto a cura del 15th Air Force.
Fonti alleate: 680 B-17 e B-24 bombardano le raffinerie di petrolio a Moosbierbaum, Schwechat [ndr - Schwechat: le raffinerie che avete visto nelle foto dell'atterraggio a Vienna] e le raffinerie di Lobau, Floridsdorf, Korneuburg e Kagran nella zona di Vienna; un deposito di petrolio a Pola; il cantiere navale e il porto di Trieste; la città di Bratislava, in Cecoslovacchia; l'Aerodromo Di Zwolfaxing, in Austria; e parecchi obiettivi sparsi occasionali. 274 P-38 e P-51 forniscono la scorta. 8 B-24 sganciano rifornimenti in Yugoslavia. 18 P-51 attaccano a bassa quota l'aerodromo di Zeltweg in Austria e la zona circostante mentre in Yugoslavia, 10 P-38 eseguono una penetrazione nella zona di Zagabria-Karlovac-Sisak. Altri P-38 fanno servizio di scorta e ricognizione.
Fonti italiane: Diciotto quadrimotori colpiscono a Trieste Campo Marzio, il porto Duca d'Aosta, il palazzo della Posta, il silos granaio e lo scalo ferroviario. A Trieste si contano 55 morti e 300 feriti. Viene colpito anche l'Ufficio Fortificazioni di via Campo Marzio n.7.
Le bombe cadono a circa 200 metri da casa mia, adiacente all'ospedale cittadino e per questo sempre risparmiata. Comunque la chiesa parrocchiale è stata distrutta e sistemata come cappellina solo negli anni '90 del secolo scorso. Mia nonna era usa stare alla finestra (abitavamo un quinto piano a soffitta) a guardare i quadrimotori passare, "tanto -diceva -se anche scendo nel rifugio interno, se beccano la casa non si salva nessuno".
Riprendo la manfrina con i boys. Devono riparare al tentato omicidio e quindi affidare alle sapienti cure di Pierangelo e mie il bestione. Ci credono e si fa il patto di sangue. All'andata piloto io, con atterraggio a Varsavia, ed al ritorno Pierangelo. Chi è libero fa le foto (l'aereo è pur sempre un ricognitore, anche se aereo scuola). C'è un prezzo da pagare. devo procurare loro il libro "Il terrore viene dal cielo", che racconta di tutti i bombardamenti su Trieste. Andata.
Intanto passano le ore e arriva il pomeriggio e la notizia finale: non si parte. Ricognizione rimandata sine die, ma si parla del giorno 8, venerdì. Incassiamo il colpo e torniamo agli alloggi; guardare il traffico ormai ha stufato. Pazienza, vuol dire che prepareremo la prossima tappa.
SAN MARCO!
Il Wilga
TU-95 Bear (Orso)
Un ammiratore
Verso i Carpazi
Il camino spia
Krakow Airport
L'viv amici in arrivo
L'viv amici in attesa
Se prima eravamo in due...
Saluti da L'viv
Un esempio di fiume guida
Il mancato atterraggio a Budapest