11) LA PAR CONDICIO AERONAUTICA: OGGI SI VOLA USA
10 febbraio 2008 Budapest, 10 febbraio 2008 "Tranquillo, non ci sono buchi, solo... humm... un bernoccolo." Pierangelo, altezza cm 189 ha finalmente provato la robustezza della centinatura interna del "Doge". Si sa che i Dogi punivano duramente, di tanto in tanto. La scena: è Dino che fa da crocerossina (oramai ha pratica) con sacchetti di ghiaccio secco sul cranio infortunato e infuocato mentre "direttore" enuncia leggi sulla fisica dei solidi, che sanno molto di visioni mistiche. Peccato, perché Pier è l'uomo del giorno, l'eroe del riscatto morale dell'equipaggio. Torniamo indietro nel tempo. Il giorno venerdì 9 febbraio - ieri per farla semplice - il tempo locale era passabile, con previsioni verso il bello. Varsavia dava nuvolo basso o nebbia alta (no so cosa significhi), in variazione continua. Ci presentiamo all'imbarco sul B-50. C'è ancora un'aria di dubbio negli americani, ma ci fanno salire ed accomodare ai comandi. Bisogna proprio cantare "Oh forza Lagunare.." perché l'aereo è sconosciuto e descritto come "ostico". Il comandante-pilota ci dà le istruzioni. O.K. ripeti; O.K. ripeti: trim a salire 5°, flap una tacca, rullare fino a 110 nodi, staccare dolcemente, strumento di lettura salita a non più di 5', a 130 nodi virare per 30° sx, rientrare i flap, stabilizzare, ridurre i motori, diminuire i giri dell'elica, chiudere i flap delle carenature motore... Giuriamo che non sbaglieremo una virgola. Decollo io. "Bestia", tira con un accidente anche per portarci alla pista. Mi fracasso i muscoli delle gambe sulla pedaliera, tra deriva e freni. Aspettiamo il nostro turno e diamo motori, con Pier che controlla gli strumenti. Si muove come un sasso, poi salta in avanti e vuole a tutti i costi virare a sinistra. Alla fine va su. "Bravo, continua così", ma non continua affatto: di colpo il variometro segna +5', +7', +12'; aiuto, se non abbassa il muso perdiamo velocità e andiamo in stallo. Pierangelo spinge sui comandi a picchiare ed io cerco di regolare i motori. Finalmente, poco prima del disastro - non sarei qui a raccontare - "lei" (gli aerei, le macchine, etc. per gli anglosassoni sono femminili) cede e si autosistema nella virata a 30°, lenta, larghissima, per prendere quota. E qui arriva il secondo problema: non precipitiamo, ma di prendere quota non se ne parla. Facciamo rotta verso nord, salendo troppo lentamente e già si preannunciano i Carpazi, mentre una nuvolaglia fastidiosa impedisce la visibilità. Come Dio vuole li s superiamo, rettifichiamo la rotta per Varsavia, persa nelle nubi (persa la rotta ovviamente, non Varsavia) e, in uno sprazzo di luce, ci troviamo sopra Auschwitz, polacco Oswiecim (ndr = siamo totalmente fuori rotta). Il terreno non è ben leggibile, ma ci sembra di scorgere la spianata (oggi è così, una landa deserta) di Birkenau, polacco Brzezinska. Ci sono stato e l'impressione è ancora violenta. Mentre il campo di Auschwitz ha ancora la pianta e l'idea di caserma, sia pur usata nel modo barbaro che fu, Birkenau è la morte vivente. Un immenso spiazzo, che si vede bene dalle finestre dell'edificio-portale, sempre inquadrato nei vari film. Due lunghi binari che varcano l'arco tondo dell'ingresso, unica costruzione in muratura, inutile se non a fare da porta al nulla. Un immenso rettangolo di terra motosa - aveva piovuto - circondato da un filo spinato, poche baracche ancora in piedi e sul fondo il monumento ai morti- ammazzati ed i camini dei forni. Dà angoscia proprio per la nudità del tutto, per il niente che contiene. Quanto al portale d'ingresso, non so perché, mi ricordo che mi è sempre sembrato ridicolo anche quello della Malcontenta; serviva solo a mettere la sentinella, tutto il resto era landa incontrollata, senza un vero perimetro, regno dei ritardatari al contrappello, che entravano e uscivano a piacimento. Riprende la foschia, e più ci avviciniamo a Varsavia più diventa fitta. Rinunciamo alla tappa al bar; già non si trova l'aeroporto, figuriamoci tentare un atterraggio con la cosa-ignota e senza vedere. Giriamo più volte sulla città, perdendo quota ad ogni virata, sperando di scoprire i segreti della città. Avevamo promesso di non farlo, ma la voglia era troppo intensa e serviva far vedere ai soci yankee che "a noi la morte non ci fa paura". Alla fine qualche ricordo lo raccogliamo. Punto verso sud, contando su un "buco" nei Carpazi, perché l'aereo continua a non voler capire di prendere quota. È il turno di Pierangelo, che proprio riposato non è. Mi stiracchio mentre lui prova la durezza dei comandi. Stiamo pompando carburante abbondante nei cilindri, ma senza effetti convincenti. Torna il sole sulla solita squallida pianura (squallida come spettacolo) finché non si ripresentano i Carpazi. Ci sembra di essere troppo dritti verso un colle e viriamo per evitarlo. Mai dire mai; quello che segue è peggio e comincia un mini incubo: siamo su una serie di colline alte e strisciamo con la fusoliera sulla neve (quasi strisciamo). Il tempo non passa mai, anche perché la velocità è ridotta, attorno ai 350 km/h. Sogniamo il "Bear" russo e la potenza dei turboelica. A proposito, leggiamo da "Il Messaggero": TOKYO (9 febbraio) - Botta e risposta tra Tokyo e Mosca sulla presunta violazione dello spazio aereo giapponese da parte di un velivolo militare russo: il ministero degli Esteri giapponese ha chiesto alla Russia chiarimenti sulle attività di un bombardiere russo - un TU-95 - che avrebbe sorvolato questa mattina un'area a sud di Tokyo violando così lo spazio aereo giapponese. Mosca ha tempestivamente risposto negando alcuna violazione. «I velivoli dell'aeronautica russa hanno compiuto la loro missione nei termini previsti. Lo spazio aereo giapponese non è stato violato», ha detto un portavoce dell'aeronautica russa, Alexandre Drobichevski, precisando che i bombardieri russi «hanno volato osservando le regole internazionali». Il ministero giapponese ritiene invece che un bombardiere russo abbia brevemente violato lo spazio aereo giapponese questa mattina intorno alle 7:30 locali (le 23:00 di ieri sera in Italia), provocando l'intervento di 22 velivoli giapponesi che hanno scortato il bombardiere russo oltre lo spazio aereo giapponese, ha riferito ancora il ministero. Secondo Tokyo sarebbe durata circa tre minuti l'intrusione del velivolo del tipo TU-95 e che ha dato vita alle «vive proteste» immediatamente presentate all'ambasciata Russa nella capitale giapponese. Ragazzi, capito cosa abbiamo pilotato? E ancora, capito che Putin vuole la grande Russia, ma se ancora punta su questi mezzi è poco credibile. Nelle foto, inseriamo un B-52 "Big Ugly Fat Fellow" (BUFF), cioè l'amico brutto, grasso e grosso, il bombardiere USA, altrettanto vecchio, per confronto. Però sembra molto più efficiente ed è impiegato regolarmente in azioni belliche. Alla fine arriviamo in vista strumentale dell'aeroporto. "Direttore" prende la mira sulla pista corretta e inizia a scendere in gloria. A metà pista tocchiamo con una coreografica fumata di gomme - nessuna foto perché non c'era la testa né le mani per farla. Eliche in passo contrario a rallentare la corsa, pigiare sui freni e rullare al parcheggio. L'equipaggio è molto più rilassato; capiamo, però, che come piloti non siamo stati promossi, e allora "chi se ne frega, non se ne parla più", ma loro questo non lo sanno. L'avventura non è ancora finita: nella frenesia dell'atterraggio ci siamo dimenticati di aprire le carenature motore. Così i quattro improvvisamente rattano di brutto ed emettono preoccupanti sbuffi di fumo. Purtroppo non capiamo e la cosa si ripete; solo allora gli occhi cadono sullo strumento. Con disinvoltura fermiamo, come in cerca della retta via, eseguiamo l'operazione e riprendiamo la via del parcheggio. Via i contatti, chiuse le valvole del combustibile, porte aperte. "Non scendono le scalette" sussurra Pier, "che si fa?". Senza corrente tutto è bloccato, ed abbiamo paura a rimettere in moto, dopo la "calda" che abbiamo rifilato ai cilindri. Così si fa una salutare ginnastica: portelloni bombe aperti e si salta a terra. Scambi di simpatie - reali - e i nuovi amici ci regalano viveri freschi e scatolame aeronautico per cena. Anche questa è andata. Ancora non siamo riusciti ad organizzare i racconti storici dell'Adriatico. Troveremo il tempo, tanto stiamo per tornare sul mare. Abbiamo deciso la prossima tappa. Seguire il Danubio fino a Belgrado, sorvolare Sarajevo e fare base a Spalato. Ottima scelta. Da lì rinnoveremo le escursioni verso le isole istro-dalmate e prenderemo confidenza con il Kossovo ed i Balcani, prima di scendere fino all'Albania. Buon riposo a noi e a voi.
Boeing TB-50F
In compagnia verso la pista
Il tubo di comunicazione interna
Carpazi e nuvole
Birkenau
Warsaw Frederic Chopin Airport
Il palazzo reale di varsavia
Primo piano
i piloti lagunari
Raffineria ignota
La luce rossa di casa
Lunghi ma a terra
I motori che protestano
Si esce dalla pancia
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