| 13) Spalato - Sarajevo nella bufera Spalato, 15 febbraio 2008
È il giorno 15 febbraio e siamo ancora qua, a Spalato. Grazie alla bora che soffia allegra c'è uno splendido sole. Non che la cosa dispiaccia, siamo ben sistemati presso persone accoglienti. "El Doge" è nelle officine. Non sanno ancora a cosa sia dovuto il black out degli strumenti e non è certo consigliabile volare su un aereo difficile di suo senza che ogni piccolo particolare della sicurezza sia a posto. A proposito di sicurezza. Non ricordo se lo ho già detto: pochi giorni fa il generale dei Marines in Iraq ha scelto questo velivolo per fare il giro di tutte le basi. Lo trova più veloce e comodo di ogni tipo di elicottero, inoltre può posarsi in qualunque campo. Altro vantaggio l'autonomia di volo, infinitamente superiore a quella di un qualsivoglia elicottero. Negli esperti resta comunque un grosso dubbio sulla reale sicurezza del mezzo. Dino, nel tempo da noi dedicato all'ozio, si è dato da fare per trovare un'alternativa volante, essendo impossibile con un motoscafo veder bene la pianta delle vicinissime isole delle quali vogliamo darvi una panoramica. Qui si è svolta la battaglia di Lissa, la più cocente delle sconfitte della flotta italiana prima di Capo Matapan. Siamo durante la Terza guerra di Indipendenza del 1866. Wilhelm von Tegetthoff, ammiraglio austriaco, poteva contare su marinai veneti, giuliani, istriani e dalmati e sul ponte parlava il veneto (aveva frequentato il Collegio Marino a Venezia). Qualcuno considera la battaglia di Lissa l'ultima battaglia di una flotta veneta. L'Italia voleva Lissa, base della flotta austriaca e inviò un potente naviglio, in numero e mezzi, molto superiore agli austriaci. Era impossibile perdere, se non per incapacità dei comandanti, e purtroppo avvenne. Gente di mare esperta del luogo e di grande coraggio e maestria riuscì a capovolgere una situazione disperata, affondando gran parte del naviglio italiano Quando vide la "Re d'Italia" affondare, l'ammiraglio ordinò la ritirata. Il merito e la medaglia d'oro imperiale per aver effettuato uno speronamento perfetto della "Re d'Italia" andò al timoniere Vincenzo Vianello da Pellestrina. All'annuncio della vittoria i marinai lanciarono in aria i berretti al grido di "Viva San Marco". La sconfitta italiana produsse in patria grande angoscia, tanto da venire narrata dal Verga ne "I Malavoglia" in lunghe intense pagine. L'ammiraglio Persano rientrò in Ancona vantando una grande vittoria, ma ben presto fu smentito dai numeri. Avevamo perso 620 uomini, più 161 feriti e due corazzate, contro i 38 morti e i 138 feriti degli austriaci. Nel 1867 l'ammiraglio Persano fu processato per imperizia, negligenza e disobbedienza e privato del grado e della pensione. Per trovare una simile disgrazia bisogna arrivare al massacro di Capo Matapan, di cui parleremo, ma questa volta sembra che da processare fossero i "romani". Oggi - Dino - ci ha accompagnati in una calma piccolissima insenatura, dove gioca alla papera in acqua uno dei più belli fra gli aerei anfibi (mare-terra) prodotti dalla nostra industria: un Nardi FN-333 Riviera. Super iper lusso, venduti quasi tutti agli americani; solo 23 pezzi prodotti. Il proprietario lo mette a nostra disposizione per le ricognizioni aero-marittime. Tre comodi posti, ma ci accomoderemo in quattro, rifiniture extra, legno vero, sedili super. Proviamo a prendere l'aria, ma la bora è troppo forte, e dobbiamo ammarare in qualche modo e rientrare uso motoscafo. Una foto mostra il cruscotto: lo strumento a destra indica l'apertura della manetta (al minimo per non lasciar spegnere il motore); l'indicatore di velocità segna 120 km, con prua in bora. È il vento che ci tiene su e non ci permette di ammarare. Impresa poi riuscita con grande fatica. Siccome sono un testone, tento da solo di rifare il percorso verso Sarajevo, su un "leggero" molto "dotato". La velocità che raggiunge non è ovviamente elevata, ma è dotato di ogni strumento utile e può salire a quote impossibili per modelli della stessa stazza. Due posti, con dotazione di ossigeno per restare in quota. La bora sottomonte è meno fastidiosa e una volta presa quota non si sente più. Purtroppo si riverifca l'inconveniente strumentale e rientro. Nessuno sa dare spiegazioni, ma è preoccupante perché, dopo il mare, stiamo per infilarci in gole e vallate e sapere dove siamo è assolutamente indispensabile per poi raccontarvelo. Se dipende dalla zona, con tratti bui, sono impicci. Non è finita per oggi. Contro ogni logica opposizione degli altri, parto con un bimotore simile a quello usato a Fiume, questa volta con i colori di una piccola compagnia che vola in Alaska. È un "duro", perché volare in territori subpolari e senza riferimenti certi richiede caratteristiche di volo e strumentali sopra la media. La potenza mi aiuta a superare le difficoltà del decollo e mi porto sopra le Alpi Dinariche. Quando sono pronto a far prua su Sarajevo - non uso gli strumenti per paura di qualche blocco - comincia nevicare. I fiocchi mi accompagnano fino al vallone della città, dove atterro con gran fatica dopo una ricerca a occhio della pista, perdendo metà della capacità visiva, bruciata dal bianco su bianco. Parcheggio e al bar - un buon tè caldo - chiedo lumi su residue costruzioni usate dai Serbi durante la guerra. Le colline sopra la città sono pulite, ma è stato conservato una specie di bunker-hangar, per ricognitori ed elicotteri, su un costone non troppo distante. Mi accompagnano in macchina. Primo umano sul posto una fanciulla intenta a riparare una... VespaCar, roba dei primi anni '60, se non dei '50. Ben conosco il modello perché ogni mattina, per quasi un anno, mi alzavo alle 4.00 per andare a fare un giro di distribuzione del latte nella parte vecchia di Trieste. Case di cinque piani senza ascensore; io consegnavo circa due quintali di latte, peso al netto delle bottiglie di vetro da 1 litro e da mezzo litro. Alle 7.00 avevo finito e potevo andare a lezione all'università. Altri tempi. Non riesco, anzi non riusciamo ad aiutarla e con il tarlo del "che ci fa qui una così con un Ape" entriamo nel bunker. Cosa ho visto lo trovate nelle foto. Rientro all'aeroporto. Ormai inizia il buio e si decolla a piene luci. Ricordo vagamente la strada e voglio - a tutti i costi, diventando imprudente perché nevica di nuovo - vedere il bunker dall'alto. Lo intravedo all'ultimo momento, tolgo gas e scendo a falco, ballando come un sacchetto di carta nel vento. Resta da verificare l'errore di rotta che ci ha portati verso Banja Luka. È veramente mooolto lontana dalla direzione corretta per il mare. Bene, ho visto quello che potevo; ora è decisamente buio e si notano solo luci indistinte. Arrivare al mare è un'impresa ed alla fine ritrovo anche l'amica bora. Infilare la pista è un sogno di una notte di mezza estate; purtroppo siamo in inverno. Ormai posso dirigere a vista, così, mentre faccio il mio bravo giro per scendere come si deve, provo gli strumenti: sono in panne. Mugolo frasi poco consone ad un diario di bordo e punto sulla pista. Un jet è ancora in decollo - ma quando mai troveremo pista libera solo per noi? - e, distratto, tocco duramente e vado a zig zag per un tratto, finché non infilo il cemento per il parcheggio. Raggiungo gli altri che mi davano per disperso e facciamo un po' di festa, cantando come sempre canzoni patriottiche unite a qualcuna scollacciata. Siamo o non siamo militi eccezionali? Se non c'è troppo vento domani riproviamo il giro delle isole o dell'isola o quello che potremo combinare. Una buonanotte lagunare a voi. Il Nardi dondola Il Nardi in volo Occhio agli strumenti Piccolo e coraggioso Comincia il brutto Nevica Atterraggio a Sarajevo La "calda" al bar Che bel meccanico Nel bunker in contromano Zona meccanici Zona rifornimento Decollo col buio Castello ignoto Il bunker Banja Luka AB Nel blu dipinto di blu Beati turisti Finalmente Spalato Al sicuro | |