10) Volo al tramonto verso El Alamein
27 gennaio 2004 - Alessandria in Egitto
Si vedeva chiaramente che ero nervoso ed agitato. L'idea di salire sul Fiat mi elettrizzava. Mio zio era ad El Alamein, mio papà si curava Tobruk avanti ed indietro in scorta convogli, mio suocero, tedesco di Amburgo, era sui convogli - la marina da guerra non lo voleva perché sospettato di poche simpatie per il Reich. Nel pomeriggio sarei stato sopra quelle spiagge, sopra quelle sabbie che tanto eroismo avevano visto. Nessun "Lagunare" ovviamente era stato in battaglia; non esistevamo allora. Ma in fondo mi sentivo parte del paesaggio. Per motivi di tempo, e carburante, sarei arrivato a Mersa Matruh - campo inglese nella seconda guerra, credo conquistato brevemente durante l'avanzata fino ad El Alamein, poco prima di dove ora ero seduto a guardare in alto, Non potevo vedere i nostri SM 79 venire a silurare e bombardare, ma mi sembrava di sentirne il rombo. C'era, ed esiste ancora ad Alessandria una grossa comunità istro-veneta. Ho letto delle storie che hanno scritto su come tentassero si aiutare gli aviatori italiani con segni per far sapere se i bersagli erano stai colpiti duramente. Se il cielo era coperto quei giovani rischiavano per niente, magari per bersagli colpiti e non rilevati dalle ricognizioni. L'emozione era già stata forte nel preparare l'atterraggio, con la baia sotto i miei occhi. All'ora stabilita ero pronto, ben coperto e con un ridicolo caschetto da pilota old style. Il motore girava bene, forse poco potente rispetto all'idea che avevo. Lo stato generale del velivolo era alquanto deprimente; cruscotto arruffato, ruggine sui montanti, no radio, no ausilii per la navigazione, nessun indicatore del carburante. Poco importa, basta seguire la costa e si arriva e si torna. Era stato rimosso, logicamente, anche il congegno di puntamento e le armi. Alzo verso ovest sull'acqua e si intravede già il tramonto. Quasi di colpo e mi sorprende, non mi aspettavo il calar del sole così presto. Sono le 16,30. Punto verso un lembo di terra lontana, salendo lentamente. Mi terrò basso, non oltre i 3000 metri per avere visuale. Da lontano si avvicina un aereo; mi prende il desiderio del cacciatore e mi butto verso di lui. Vira elegantemente e sale... pochi secondi e l'ho perso. Guardo l'indicatore di velocità: 300 km/h e sono al massimo della manetta. Butto giù il muso e vedo i 350. Forse è colpa del motore un po' andato. Ma poi devo convincermi, erano queste le prestazione del G 50. Molto manovrabile, capace di virare strettissimo, ma salita e velocità non c'erano. Son sul campo con il tramonto. Senza la luce della torre non l'avrei trovato. Strano, la pista non è illuminata. Ho voglia di strafare e far vedere cosa possono gli Italiani, e lagunari in più. Salgo a 1500, picchio fino ai 500, capovolgo e mi metto in volo rovescio per un passaggio. Per mia sorte ero alto. Va giù come un sasso; perdo i comandi; esco con una vite a fil di terra e sudo per riprenderlo. Ma non mi convinco. Manovra errata forse. Ripeto, un po' più alto; sono graziato per la seconda volta. Resta l'ultima manovra: picchiata sulla torre di controllo. Questa volta mi va bene. Chissà cosa provavano i nostri papà quando si gettavano a sasso con una bomba da 200 kg sotto la pancia, inseguiti dai P 40 inglesi e americani. Si fa tardi, meglio si fa scuro. Volgo ad est per rientrare. Mi tengo sul deserto, con il sole che tramonta sulla destra e poi in coda. Il silenzio è assoluto ed invita a pensare. I nostri Lagunari sono ora in un deserto pericoloso come questo una volta, forse più pericoloso perché il nemico non si guarda in faccia. Guardo le prime stelle senza il fastidio delle luci cittadine. Uno spettacolo che non godevo più da molto tempo. Ora le luci le cerco per andare all'atterraggio. Eccole; errore è il nuovo aeroporto di Burg El Arab. Ecco Alessandria, grande macchia di luce diffusa tra acqua e terreno scurissimo. L'aereo è ormai addomesticato e vira stretto ed elegante verso le luci della testa di pista. Un palazzo vuole entrare in abitacolo; evitato. Quasi godo della velocità ridotta da tutti i flap fuori. Una pista enorme per il piccolo. Vado giù e lo riporto in quell'angolo dimenticato dove resterà chissà quanto ancora. Ha avuto le sue due ore di aria in amorose mani italiane. Magari un giorno... Raggiungo gli altri che non fanno domande. Avremo tutto il tempo per raccontarci. Brevemente mi segnalano che siamo pronti a partire quando vogliamo. Dino ha solo una richiesta: contenitori termici per cibi speciali destinati ai Marescialli. Salame, sopresse, formaggi. C'è anche una bottiglia di clinton ed un coniglio arrosto. Proprio non riesce a dimenticare le domeniche al Marghera, quando i baffi tornavano con il pacco viveri della mamma e tutta la camerata mangiava e beveva. Sten. incluso naturalmente. San Marco!
Le pitture di fusoliera del Dino
Il Fiat G 50 verso il deserto
La torre di controllo a Mersa Matruh
Ali italiane nel tramonto
Pensieroso sul deserto
Il sole sempre più basso
In coda il tramonto
Pista e torre di Burg El Arab
Un palazzo che cerca guai
La pista che brilla a prua
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