26) Mc Murdo Base - Antartide (totale e globale)

 

19 febbraio 2004 - McMurdo Base - Antartide (totale e globale)

Ci siamo lasciati un po' alticci, coccolati nel ventre capace del "Big Mao". L'ora non era tarda: il sole sorge presto e tramonta presto - si adottano orari da galline. Alle 4.30 abbiamo già fatto colazione con caffè vero, fatto da noi, accompagnato da fritole e crostoli. Memento gente, oggi è giovedì grasso, bisogna fare carnevale (giovedì per noi - voi siete seduti davanti alla televisione a guardare ...). Alle mappe studiate si aggiunge una comunicazione dai Marescialli, appena giunta a Pierangelo. Il tempo peggiora ancora, il vento rinforza e la temperatura scende. Il vento è il peggior nemico. Segnalano 65 nodi - non so se il Beaver regge. Contiamo su una certa calma finché siamo sul mare; poi si sale di quota e l'affare può farsi serio. Perlomeno c'è terreno duro sotto. Se siamo costretti a scendere possono venire a soccorrerci senza problemi. Saremo già molto vicini alle basi che sono da quelle parti. Non è la fine del grillo quella che auspichiamo, nel caso, farsi salvare da amici rinforza le amicizie. Coraggiosi va bene, scemi no. Caldo +11° C, pioggia battente, nubi basse e vento sui 18 nodi (favorevole). Ci consigliano una rotta molto bassa, 3500 piedi, per evitare le nubi. E poi dritti verso l'Antartide propriamente detta. Ringraziamo di cuore, tiriamo ancora qualche battuta, più per svegliarli che altro. Senza la nostra partenza potevano beatamente dormire. Ma sono dei ligi e non ci lasciano andare senza un uomo in torre di controllo; continuiamo a chiederci cosa ci sia da controllare, ma contenti loro... Saliamo pigramente a 3500, regoliamo per 300 miglia ora, guardiamo il panorama. che causa nubi non esiste... poi comincia il ballo. Il vento è favorevole per la rotta, ma soffia pure verso il basso e ci sbatte giù verso l'acqua di parecchio. Alziamo a 4200 per prudenza e tutto va avanti con noia. Ci divertiamo a guardare le scie di condensa che finalmente si staccano dai motori. Senza condizioni particolari di temperatura, velocità ed umidità, niente scie. Ci fa piacere vederle, ci sentiamo "importanti". Durano poco, con la diminuzione della temperatura ed il secco, spariscono. Sotto S62* il vento cambia, ora è esattamente di prua e ci ruba 15 miglia ora di velocità. Consumiamo anche più del normale per un volo livellato. Renzo e Dino sono al lavoro per controllare rotta e consumi; con vento anomalo siamo fuori rotta di quasi 18 miglia ed andiamo avanti con il muso corretto di 9°. Manca ancora parecchio alle zone "sensibili" ed in fondo non ci sono veri pericoli, perciò, senza abbandonare il posto e senza interfono, tanto siamo seduti vicini, cominciano le chiacchiere. Abbiamo fatto presente al Dino che certe storie quando si è in volo, sia pur con rischi minimi, forse è meglio evitarle. Promette che sarà la prima e l'ultima «...e persisto perché non me ne vengono altre, per cui...  debbo convenire che uno che legge dal di fuori del contesto,si precipita subito ad una energica e quanto mai "mirata" toccata di attributi. Quelle erano le storie dei miei tredici-quindici anni; la sera un giretto in piazza a guardar le ragazze, in latteria un caffellatte e due "papìni", sorta di ciambelle all'uovo, dure e dolci, al cinema, di sera, quasi mai (molto il pomeriggio), e poi a casa dell'uno o dell'altro,a parlar di tutto: principalmente di ragazze. Erano i tempi degli innamoramenti, il testosterone andava a mille, un languido sguardo appena trafilato dalle lunghe ciglia setose degli occhi parlanti di quella biondina che insistentemente ti fissava quando la incrociavi, ti faceva rivoluzionare l'apparato cardio circolatorio, il respiro ti mancava e ti inalberava, ebbene si, lo ammetto, al solo pensiero di toccarla, l'altro apparato mai del tutto tacito ed assopito. Ma erano anche i tempi dell'ingenuità di ragazzetti che credevano d'aver capito tutto della vita. Le cucine erano il luogo d'aggregazione delle famiglie. Dove ancora la televisione era un oggetto semisconosciuto, la stanza che conservava quel po' di tepore emesso dalla cucina economica nella preparazione della cena, rimaneva deserta perché la madri andavano a letto dopo aver "fato la scafa", aver lavato i piatti, le sorelle pure, i nonni maschi in osteria per una briscoletta, le nonnette si trovavano in una decina a recitar giaculatorie presso una di loro,forse consce che il loro tempo stava compiendosi. I capifamiglia, non tutti ma i "più in carta", (i più agiati), andavano al bar Sport che aveva la televisione,per vedere il Mike Buongiorno di "Lascia o raddoppia?", ma sopratutto per valutare direttamente i paradisi impossibili che i seni intuibili sotto il vestito fiorato della biondissima valletta Eddy Campagnoli, avrebbero potuto regalare. Noi zerbinotti, con la scusa di una partitina a carte o di una "tombolata", ci sedevamo stravaccati attorno alla tavola ed ogni uno tirava fuori la sua. C'era quello esperto in ragazze che ti faceva scuola sui metodi d'abbordaggio, sulle cose da dire loro piuttosto che fare la figura del rimbambito incanalandosi in prolungati silenzi senza via d'uscita; maestro nell'arrivare al dunque, ti descriveva le varie strategie talché, dai suoi discorsi si evinceva che non esistevano possibilità d'insuccesso:era solo questione di sistema! Ah. beati gli anni della gioventù!
C'era poi il forzuto,con un fisicaccio da culturista che ogni tanto si semi denudava per farti vedere come aumentavano i muscoli sollecitati da ore e ore di voga alla "valesana"; ricevevamo, colpevoli dei nostri toraccetti normali, dei nostri pettorali inesistenti, la nostra razione di "fighete svampie", zitti e pensosi, ripromettendoci che da domani avremo distrutto dall'uso furibondo, pesi ed attrezzi ginnici. E che dire dell'altro che si era invaghito di una ragazza che non lo corrispondeva, sempre infelice e malinconico; e noi, ad ogni suo sospiro, ad ogni accenno di tristezza, a dirgli che prima o poi le cose si sarebbero sbloccate, che prima o poi 'sto cuore di pietra avrebbe ceduto alle avvampate e timide "avance" di lui. Brillava poi fortemente, anche quello che cantava allo stile di Claudio Villa e si era incrapato l'idea di imparare a suonar la chitarra, ma la chitarra nuova a quei tempi, poteva venir a costare anche alcuni biglietti da mille, per cui scartata l'ipotesi dell'acquisto,leggere la musica manco se ne parlava, siccome era apprendista falegname,si era messo in testa di costruirsene una e ci portava la sera, durante questi incontri, a vedere i progressi  della sua creatura che non avrebbe mai emesso una nota. L'amico che faceva il pescatore era il mattatore per quanto riguarda le leggende marinare. I suoi, come quasi tutti coloro che si guadagnavano la vita in mare,erano gente i cui nonni viaggiavano già nell'ottocento, davanti alle coste adriatiche da San Benedetto del Tronto, in su, sino a Capo Salvore e ancora per poi veleggiar tra Parenzo e lungo l'Istria, Rovigno ed intrufolarsi dalle Brioni  e poi Curzola e giù tra la miriade di isolette  della costa della Dalmazia di cui D'Annunzio ci dice".ecco le isole di sasso che l'ulivo fa d'argento. Ecco l'irte groppe, le ossa delle schiene,sottovento", a caricar carichi di contrabbando che ai tempi ancora non era il tabacco. Tutta gente mai andata a scuola, di una cultura spicciola e prodigiosa; solo mettendola a frutto, l'esperienza poteva ricondurli dopo interminabili battute di pesca, alla propria povera casa. Tutta gente di un'ignoranza sublime, avvolta nel loro mondo, religiosissimi, poveri, splendidi ostentatori di ori quasi sempre impegnati al Monte; ingenui, creduloni, duri e nello stesso tempo, fragili e teatrali. 

Nelle notti senza luna, al largo, buio pesto, sciabordare dell'onda corta sulla fiancata di legno, le giunture delle ossa che non promettono niente di buono in arrivo, in attesa di tirar su la rete, sulla superficie liquida un balenar fluorescente poco lontano che scompare tra le onde, un lamento del vento tra le sartie, uno cominciava a dire che una volta il suo "secondo" aveva incominciato a raccontare della nave fantasma che ogni tanto usciva da un canale-fiordo nel Quarnaro....l'altro invece giurava che pescando dentro in laguna per la nebbia, tirando su la rete vicino alle "Saline" davanti al Ponte di Vigo, queste s'impigliano e strattonandole con forza per recuperarle, sentì dal fondo provenir un suono di campane e giurava che erano quelle del campanile sommerso della chiesetta ormai sommersa dei "Salineri".. E come valutare i racconti di tutti i naufragi sventati in extremis dai vari Santi (San Felice e San Fortunato sono detentori di un vero primato, tant'è che sono patroni della Città), di tutti gli annegamenti risolti con successo rivolgendo l'ultima preghiera alla Beata Vergine che si mostra al morituro nella Sua sembianza dolce ma maestosa, divina e gloriosa (tale ed uguale a come è dipinta dal Cima da Conegliano, nell'abside del Duomo, già appunto dedicata a Santa Maria), per poi afferrarlo e condurlo ad un rottame galleggiante, ad una cima lanciata dai suoi... 

E come non stupire della storia del "trabacolo" di "Paron Scarpa" che incappando in una bufera davanti a Spalato dove doveva riempir la capace stiva di fascine da ardere, la corrente ed il vento lo portavano ad inchigliarsi in costa e dal finimondo che c'era, Paron Scarpa, non capiva neanche più dov'era lo scoglio, dove le secche sabbiose, ma...tutto ad un tratto tra i nuvoloni che si accavallavano bassi, si irradia in una luce dorata una figura femminile con un bimbo in braccio e che con il piede sta schiacciando la testa di un serpente il quale tutto di botto diventa un fulmine così luminoso, intenso,prolungato, che la sua luce illumina la costa antistante sorprendentemente vicina, permettendo così a Paron Scarpa di orzare in direzione sicura... E per la verità, bisogna anche dire che se uno va a visitare la Chiesa di San Domenico, può vedere in un paio di cappellette laterali all'altare della crocifissione lignea (che già è leggenda di per se), una splendida serie di "ex-voto" composta da moltissimi cuori ed oggetti in argento e quadretti su tavola (tolèle o tolète), raffiguranti in un magnifico stile "naif", i racconti visivi, quasi fossero dei fumetti, di quei prodigiosi fatti che adesso non si verificano forse più.. Il crocefisso, datato approssimativamente del 1300, che già è una leggenda, dicevo...Ma è pur vero che dagli archivi della Chiesa di San Domenico, chiesa costruita sulle rovine del monastero dei monaci pescatori, sembrerebbe Benedettini, di romanica collocazione cronologica, contrariamente a tutte le operazioni riguardanti il sacro edificio, sempre ben annotate dai canonici e datate accuratamente, dell'installazione, reperimento, ordinativo,non se ne trova traccia...» Ti pareva! Balliamo il charleston per il vento, siamo sull'acqua con nubi nere e mai viste così grandi e naturalmente lui parla di naufragi - con miracolo salvifico certo. Si prende una bella dose di termini da caserma e siamo di nuovo in rotta. 

Quando passiamo S69* il GPS ci dà ancora 530 miglia da percorrere. Facciamo i conti a caso e decidiamo che verso le 400 da fare siamo sulla terra-ghiaccio. Ed invece ci anticipa, ed è anche con coste alte. Per prudenza saliamo a 4500, imprecando con i macquariani; se nessuno era di guardia si rischiava il cozzo finale. Le temperature calano (sul mare non erano poi così basse) e si va subito sotto i -21° C (il minimo visto è -37° C sul plateau - non ci illudiamo di trovare "caldo"). La temperatura va giù ed il suolo va su. Il sensore "distanza dal terreno" comincia muoversi rapido e ci avviciniamo a terra fino a 500 piedi. Basta uno starnuto e ci siamo. Va bene, andiamo a 5500, 6000, 8000; alla fine stacchiamo il pilota automatico e tiriamo una cabrata liberatoria, quelle che piacciono e Dino. Sfioriamo una cima e raddrizziamo a 14700. Alla faccia di tutti i canguri ed i diavoli di Tasmania. Quelli volevano ammazzarci. Altro che 3500 piedi per avere visibilità! Il giochino ci scaraventa fuori rotta e di nuovo i due (Dino e Renzo) confabulano, danno ordini tipo "ridurre velocità" "abbassare" "vira qua e vira la". Con il Pierangelo cominciamo a stare in pensiero. Ci avevano avvisato che le bussole in Antartide potevano fare scherzi e tutte queste correzioni date a caso non promettono bene. Alla fine emerge la realtà: vogliono passare esattamente sopra Baia Terranova; e bassi. Sul primo punto concordiamo totalmente, quanto al "bassi", il volare tra monti di ghiaccio senza sapere quanto sarà alto il prossimo non possiamo accettarlo. Sorge una piccola disputa, prontamente rientrata. Schiacciarsi non  è eroico - casomai "de mona" si dice da noi. Per cercare la rotta giusta prendiamo i comandi diretti e cominciamo a disegnare un serpente nel cielo, tentando un avvicinamento adatto ad un caccia, non ad un cargo. Scavalcato l'ennesimo monte si vede il mare e possiamo abbassarci "con juicio". Siamo quasi in rotta, se le coordinate che abbiamo sono "sane": S74* 41', E164* .07'- ancora poco e passiamo la linea di cambiamento di data. Sono rilevate da carte topografiche della CIA e dovrebbero essere buone. Sulle carte della CIA forse vi ho già detto; esistono e sono a disposizione del popolo tutto. Vediamo la zone dei campi, prospiciente il mare; e vediamo anche che sono spariti il lupo (di Tasmania) e la volpe (africana). poco male, forse una crisi di pianto da non divulgare. Poi vediamo anche accendersi la spia di portellone aperto. Ma Porca p... siamo alti e veloci.. qua si va in casino! Come nei migliori film, con Pierangelo impostiamo una discesa rapida e riduciamo la velocità e... andiamo a vedere. Ebbene sì. I due sono davanti alla rampa che si affaccendano a gettare fuori finti paracadutisti, manichini, che in qualche modo ci hanno nascosto con perizia. Come idea non è male, è carnevale, non corriamo più pericoli immediati. Ci mettiamo a ridere, chiudiamo e si torna ai posti di lavoro. Ci aspetta un atterraggio non semplicissimo. Smentiti dai fatti. La pista è illuminata, visibile, con un approccio lungo per perdere quota. La prendiamo anche oggi in contromano, per non correre il rischio di fare evoluzioni fuori pista, sul ghiaccio, dovendo manovrare per il percorso verso le piazzole. Tiene bene e si frena bene; brecciolino più ghiaccio evitano quei fastidiosi fumi di sabbia che solleviamo di solito. Andiamo all'area di sosta, zona pompa - ci sono i militari quindi è rossa; il mistero continua. Abbiamo raggiunto S77*, i Lagunari in Antartide sono 6... e nonni (o baffi, fa lo stesso).

Via tutti i contatti e ci prepariamo a scendere, dalla porta principale. Tenuta "calda", rigorosamente blu, con Mao, scarponi neri, foulard alla vigliacca (fuori, legato distrattamente con leone in vista) e testa coperta da una lana, sempre blu, uso incursore, dotata pure lei di Mao in spolvero. Splendidi! Lagunari... Azione! e giù dalla scaletta a farci ammirare. Sono le 11 e qualche minuto (credo vada anche considerato il salto di un fuso - non siamo stati in aria 6 ore e mezza) Da domani ogni giorno è buono per l'ultima tappa. Forte e chiaro San Marco!
Lagunari in Antartide

 

Pierangelo osserva il panorama dell'alba (he! he! heh!)

 

In testa alla pista con le turbine in riscaldamento

 

Il sole ci prova

 

Mescoliamo il nostro bianco vapore alle nubi nere

 

Finalmente le scie - noi andiamo dritti, è il vento che le piega

 

Il primo impatto con i ghiacci antartici

 

Se becco quelli di Macquaire!

 

"Le discese ardite e le risalite" - Lucio Battisti // qui c'è mancato veramente poco alla frittata

 

Dopo il monte il mare - S74* 37.79',  E163* 58.89' - Baia Terranova è quasi sotto di noi

 

Fuori uno

 

Fuori, fuori!

 

Ed ecco il ghiaccio dell'isola di Ross

 

Paralleli alla costa pre la virata finale

 

Mc Murdo (Pegasus)

 

Pronti a toccare

 

Vai coi freni - e niente polvere

 

Parte degli edifici della stazione

 

La pompa rossa (sembra il titolo di un libro)

 

Scorcio di un hangar

 

Un amico al caldo - faremo ricoverare anche il Beaver

 

  
     

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